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    Il Senato boccia la proposta del M5S di inserire la parità di genere nel linguaggio istituzionale

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 28 Lug. 2022 alle 14:16 Aggiornato il 28 Lug. 2022 alle 14:20

    L’Aula del Senato ha respinto l’emendamento della senatrice pentastellata Alessandra Maiorino che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta. La proposta, che puntava a introdurre nel Regolamento “l’utilizzo di un linguaggio inclusivo“, ha ottenuto nell’aula di Palazzo Madama 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti a scrutinio segreto. Ma per essere approvata aveva bisogno della maggioranza assoluta di 161 voti.

    L’emendamento prevedeva che il Consiglio di presidenza stabilisse “i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne”. Se approvata, la norma avrebbe introdotto nel linguaggio istituzionali termini quali ministra, senatrice, la presidente.

    Dopo la mancata approvazione i parlamentari dem e del M5S del Gruppo Pari Opportunità hanno dichiarato che al Senato “si è persa una grande occasione per rendere inclusivo e paritario il linguaggio istituzionale con la mancata approvazione dell’emendamento Maiorino al regolamento che aveva lo scopo di aprire all’uso della distinzione di genere nel linguaggio delle comunicazioni istituzionali e nel Regolamento”.

    “Per FdI è stata una questione ‘etica e di coscienza’, chiedendo il voto segreto che la presidente Casellati ha prontamente concesso. È evidente la misoginia di chi ha votato contro rifiutando l’utilizzo del femminile e confermando così l’imposizione del solo maschile. Una vergogna a cui si dovrà porre rimedio nella prossima legislatura”.

    “Ciò che è avvenuto oggi al Senato è gravissimo. Fratelli d’Italia con la complicità di tutta la destra ha manifestato cosa pensa del ruolo delle donne nella società, chiedendo il voto segreto sull’emendamento che avrebbe consentito di utilizzare la differenza di genere nel linguaggio ufficiale di un’istituzione importante come Palazzo Madama. I nodi vengono al pettine. Il linguaggio è un fattore fondamentale di parità”, ha dichiarato la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della commissione Femminicidio.

    “Fratelli d’Italia è l’unico grande partito della storia d’Italia ad essere guidato da una donna, e oltre a lei annovera molte donne in ruoli di spicco. Così si dimostra attenzione all’apporto femminile nel mondo delle istituzioni. Non con norme-manifesto ideologiche da campagna elettorale. Ci siamo astenuti sull’emendamento Maiorino sul cosiddetto ‘linguaggio di genere’ perché riteniamo che l’evoluzione del linguaggio non si faccia per legge o per regolamento, ma attraverso l’evoluzione del modo di pensare e parlare dei popoli”, hanno commentato i senatori di FdI.

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