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    Giovani per il No, over 50 per il Sì: il paradosso generazionale sul referendum

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 15 Set. 2020 alle 14:47 Aggiornato il 16 Set. 2020 alle 13:03

    Il referendum sul taglio dei parlamentari dà vita a uno scontro generazionale: over 50 per il Sì, giovani per il No

    Il referendum sul taglio dei parlamentari, in programma il 20 e 21 settembre 2020, ha dato vita a un vero e proprio scontro generazionale con gli over 50 schierati per il Sì e i giovani a favore del No. Nulla di strano se non fosse per il fatto che queste due posizioni contrapposte formano un vero e proprio paradosso dal momento che ci si aspetterebbe esattamente il contrario. Il Sì al referendum, che darebbe il via libera alla riforma sul taglio dei parlamentari, è infatti un voto anti-sistema, mentre il No, che lascerebbe di fatto tutto così come è ora, è sicuramente giudicato come un voto più conservativo e “a favore” della “casta”. Semplificando, dunque, verrebbe naturale pensare che i più giovani siano a favore del cambiamento e abbiano meno paura delle novità rispetto alle persone più anziane. Tuttavia, non è quello che emerge dal sentiment e da alcune dichiarazioni raccolte in queste ultime settimane.

    Certo, qualcuno potrebbe obiettare che anche in occasione del referendum costituzionale del 2016 il divario generazionale era evidente e le posizioni simili a quelle di oggi con i giovani schierati nettamente in favore del No e gli over 50 favorevoli al Sì. Ma c’è una differenza sostanziale tra le due tornate elettorali. In quell’occasione il voto era fortemente politico (non che questo non lo sia e qui abbiamo spiegato il perché) e il No era sicuramente più una bocciatura del governo Renzi e un voto anti-sistema, che una difesa vera e propria della Carta costituzionale. Oggi, invece, i giovani sembrerebbero voler bocciare la riforma sul taglio dei parlamentari per i motivi opposti a quelli del 2016: ovvero per difendere la democrazia e per opporsi a una legge che viene definita populista.

    Un esempio in tal senso è dato dai Giovani democratici che, in contrapposizione con la linea espressa dal segretario del Pd Nicola Zingaretti, sono quasi tutti a favore del No. “Dobbiamo opporci a uno svuotamento progressivo della rappresentanza e della nostra democrazia, cercando di invertire la rotta e rifiutandoci di inseguire altri su questi temi” ha dichiarato Caterina Cerroni, una delle candidate alla segreteria nazionale, posizione condivisa anche dal suo sfidante, Raffaele Marras, che ha affermato: “Alla crisi della politica non si risponde con meno politici, ma con più politica. Questo rischia di essere l’ennesimo regalo al populismo e all’antipolitica, per questo voterò convintamente No”. Concetto condiviso anche dall’associazione InOltre Alternativa Progressista, composta da giovani vicini al Pd, che voterà No anche in virtù del fatto, come dichiarato dal presidente Giordano Bozzanca che “Non ci sono garanzie sulle future riforme, ad oggi si vota al buio facendoci arretrare sui nostri diritti di rappresentanza”. Anche i Millenials di Italia Viva si sono schierati per il No perché, secondo il loro giudizio, votare Sì è “solo populismo e antipolitica”, mentre su Facebook è nato un gruppo, dal titolo “NOstra”, composto da giovani e giovanissimi che al “gioco dell’anti-casta” non ci stanno e che in breve tempo ha raccolto poco più di 5mila adesioni.

    Dalla parte opposta, invece, vi sono diversi over 50, 60, 70 e 80 schierati per il Sì proprio per i motivi contrari a quelli espressi dai più giovani. Una testimonianza chiave in tal senso l’ha fornita Maurizio Davolio a TPI. Militante 80enne, Davolio ha spiegato che “Se vince il ‘No’ non cambierà mai niente” sottolineando che “sono 50 anni che esistono le Assemblee regionali, che già la loro nascita avrebbe richiesto serie e radicali modifiche dei ruoli delle camere e della loro composizione numerica. E vogliono farci aspettare ancora? Ora basta!”. Una posizione condivisa da molti altri appartenenti al Pd presenti alla Festa dell’Unità di Modena, conclusasi lo scorso 13 settembre, che non voteranno per militanza ma perché convinti che sia arrivato il momento, dopo diversi tentativi andati a vuoto, di cambiare davvero qualcosa. Insomma, parafrasando il titolo di un libro di Cormac McCarthy, da cui è tratto anche un bel film dei fratelli Coen, quello del 20 e 21 settembre non è un Referendum per giovani.

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