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    Le differenze tra il reddito di inclusione e il reddito di cittadinanza

    Quello proposto dal M5s non è un vero e proprio reddito di cittadinanza. Si tratta piuttosto di una sorta di reddito minimo o sussidio di disoccupazione, che in Italia già esiste, anche se in misura ridotta

    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 9 Mar. 2018 alle 19:58 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:28

    Il reddito di cittadinanza, il cavallo di battaglia della campagna elettorale del Movimento Cinque Stelle è al centro del dibattito da mesi, e in particolar modo dopo i risultati elettorali, che hanno visto l’M5s affermarsi come primo partito in Italia, con oltre il 32 per cento dei consensi.

    Come abbiamo già spiegato in precedenza, non si tratta di un vero e proprio reddito di cittadinanza, dal momento che per essere tale sarebbe dovuto essere destinato a tutti i cittadini, con l’unico requisito di essere cittadini di quello stato.

    Al contrario, quello proposto dal Movimento Cinque Stelle è una sorta di reddito minimo garantito, un sussidio di disoccupazione, destinato non a tutti ma a chi ha dei requisiti specifici.

    Questi requisiti sono: avere almeno 18 anni, essere disoccupato o inoccupato o ricevere un reddito da lavoro o una pensione inferiore alla soglia di povertà.

    In Italia la soglia di povertà è stabilità a 780 euro, ma può variare in base alla composizione del nucleo familiare ed è per questo considerata variabile anche nella proposta del Movimento Cinque Stelle.

    L’Italia ha già però una norma simile a quella che impropriamente il Movimento Cinque Stelle chiama reddito di “cittadinanza”. E si chiama Reddito di Inclusione (REI), una misura nazionale di contrasto alla povertà, approvata dal governo Gentiloni nel 2017.

    Cosa prevede il Reddito di Inclusione (Rei), già attivo in Italia

    Il Rei si compone di due parti: un beneficio economico, erogato ogni mese con una carta di pagamento elettronica, e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa per uscire dalla condizione di povertà.

    Anche al reddito di inclusione, come a quello proposto da M5s, si accede solo se si hanno determinati requisiti economici. E anche il Rei è destinato al nucleo familiare e non al singolo membro.

    Il beneficio è concesso dall’INPS a partire dal 1 gennaio 2018, per unperiodo massimo di 18 mesi, trascorsi i quali non può essere rinnovato se non sono trascorsi almeno sei mesi.

    La grossa differenza tra i due strumenti, quello già esistente approvato nella scorsa legislatura e quello promesso dal M5s, simili nei meccanismi, è l’ammontare dell’assegno previsto.

    Nel caso del Rei è molto più basso, e prevede un massimo di 490,75 euro, mentre per quanto riguarda il reddito di “cittadinanza”, potrebbe arrivare, se approvato, a un massimo di 1.950 euro.

    Attualmente esistono diversi paesi nel mondo che si sono dotati (o stanno tentando a dotarsi) di strumenti economici di questo tipo, come ad esempio l’Iran e la Finlandia. La Svizzera invece ha respinto il reddito di cittadinanza.

    La Francia, ad esempio, elargisce fino a 483 euro mensili per una persona singola senza figli idonea a richiedere il reddito minimo, mentre la Germania 382 euro e il Regno Unito 348 euro.

    Cosa prevede la proposta del Movimento Cinque Stelle:

    I requisiti

    Non solo, però. Perché una volta ottenuto il reddito di cittadinanza, sarà necessario rispettare alcune regole per mantenere il diritto a percepirlo, proprio per evitare che le persone decidano furbescamente di non lavorare o lavorare in nero al fine di percepire questa elargizione economica.

    Importante: Chi invece ha già un lavoro, la cui retribuzione però è inferiore a 780 euro, riceverebbe un’integrazione che gli permetterebbe di arrivare a quella cifra.

    La proposta del Movimento Cinque Stelle prevede inoltre che vengano incentivate le imprese che decidono di assumere persone che ricevono il reddito di cittadinanza.

    Oltre a questo, è previsto che nei centri per l’impiego si svolgano corsi di formazione per nuove imprese e che i beni e i terreni del demanio vengano utilizzati come sedi di start-up innovative e imprese agricole.

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