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    A Genova c’è una nave saudita che trasporta armi: indagate su quella e lasciate stare i migranti

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 20 Mag. 2019 alle 15:30 Aggiornato il 20 Mag. 2019 alle 18:29

    Volete chiudere i porti per fermare la violenza e lo sfruttamento nel mondo? Perfetto. C’è, al largo di Genova, un cargo saudita che cerca di caricare armi dall’Italia per scaricarle addosso ai civili dello Yemen, in una guerra di cui nessuno parla e che continua a mietere vittime con grandi responsabilità italiane.

    Le armi, appunto, che già è stato appurato vengono prodotte proprio in Sardegna e vendute in barba alle convenzioni internazionali. Ma la storia della nave Bahri Yambu merita di essere raccontata.

    Avrebbe dovuto caricare 8 cannoni modello Caesar da 155 millimetri, di fabbricazione francese, dal porto di Le Havre, ma la mobilitazione di cittadini e di associazioni, ripresa anche da alcuni politici francesi l’ha fatta desistere.

    Ha poi fatto rotta verso Santander dove, secondo le dichiarazioni ufficiali (e nonostante i numerosi esposti alle autorità spagnole) avrebbe caricato armi e munizioni che dovrebbero servire per “un’esposizione” (sì, ciao).

    Ora invece si trova sul molo Ponte Eritrea (terminal Steinweg-GMT) in attesa di alcuni imballi di grandi dimensioni, apparentemente shelter per generatori elettrici fabbricati dalla TEKNEL Srl di Roma.

    La Prefettura e la Capitaneria di Porto si sono affrettate a dire che “non si tratta di materiale militare”, eppure è la stessa TEKNEL che nel 2018 ha ottenuto un’autorizzazione all’esportazione per 18 gruppi elettrogeni dotati di palo telescopico per illuminazione che alimentano 18 Shelter per il controllo di droni, comunicazioni e centro di comando aereo e terrestre.

    Questo materiale, come si evince anche dai documenti dell’azienda, è stato venduto all’Arabia Saudita e le consegne sono ancora in corso. In più non è escluso che, viste le difficoltà incontrate dalla nave sul suo tragitto, altro materiale militare sia in arrivo a Genova che è l’ultimo porto della Schedule List prima del rientro della nave.

    I portuali genovesi non ci stanno e hanno proclamato uno sciopero generale rifiutandosi di caricare la nave. Ma non sono soli: con loro protestano anche i sindacati, Acli, Salesiani del Don Bosco, Libera, comunità di San Benedetto e tanti altri ancora.

    “Riteniamo di dare un nostro piccolo contributo ad un problema grande per una popolazione che viene uccisa giornalmente – spiega la nota della Filt – non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen”.

    E il sindacato invita “i lavoratori fuori servizio e la popolazione a partecipare al presidio davanti a ponte Etiopia”. Volete fermare una nave e indagare? Eccola qui.

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