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    Mancini lascia i servizi segreti: lo 007 che ha incontrato Renzi in autogrill va in pensione

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 4 Giu. 2021 alle 09:39 Aggiornato il 4 Giu. 2021 alle 10:15

    Marco Mancini, l’agente dei servizi segreti protagonista dell’incontro con Matteo Renzi rivelato dal programma tv Report, andrà in pensione dopo 37 anni di servizio. Lo riporta Repubblica. Il 60enne al centro di alcune vicende cruciali della storia dei servizi segreti italiani sperava di concludere la sua carriera in un altro modo, ricoprendo il posto di numero 2 del Dis (l’agenzia che coordina Aisi e Aise, cioè i servizi segreti che si occupano rispettivamente dell’interno e degli esteri) su spinta dell’allora direttore Gennaro Vecchione, scelto dall’ex premier Giuseppe Conte.

    Ma l’incontro in autogrill con Renzi ha cambiato il corso degli eventi, soprattutto perché, sentito dal Copasir, Vecchione non ha saputo giustificare a sufficienza i motivi del misterioso meeting di Natale. Che secondo Renzi rispondeva solo alla necessità di scambiare convenevoli. Una motivazione inconsistente, che insieme ai silenzi dell’ex capo del Dis ha portato anche alla scelta di Mario Draghi di nominare Elisabetta Belloni al posto di Vecchione.

    Non è ancora chiaro perché Mancini abbia incontrato Renzi e perché non abbia stilato una relazione di servizio, né come sia stato possibile che una persona passata per caso in Autogrill – secondo quanto rivelato dalla stessa fonte a Report – abbia ripreso “per curiosità” e senza ostacoli un alto dirigente dei Servizi Segreti. “Non il massimo, per una nostro agente così importante, farsi riprendere da una passante”, aveva commentato ironicamente uno dei componenti del Copasir.

    Mancini ha una lunga storia all’interno del Sismi (il servizio segreto militare predecessore dell’Aise) di cui è stato capo della Divisione controspionaggio, braccio destro del direttore Nicolò Pollari. Nel 2013 fu condannato a nove anni dalla Corte d’appello di Milano nel processo d’appello bis per il sequestro di Abu Omar, l’imam rapito dagli agenti della Cia il 17 febbraio del 2003 con la collaborazione del Sismi, secondo quanto ricostruito dai pm di Milano. La sentenza fu poi annullata in seguito a un intervento della Consulta perché “l’azione penale non poteva essere proseguita per l’esistenza del segreto di Stato”.

     

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