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    Così, davanti a un notaio, Di Maio e Casaleggio hanno “cacciato” Beppe Grillo dal M5S

    Il vicepremier Luigi Di Maio e Davide Casaleggio. Credit: ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO

    La nuova associazione fondata "alle spalle" del comico è la conferma che la metamorfosi del movimento è definitivamente compiuta

    Di Fabio Salamida
    Pubblicato il 11 Mar. 2019 alle 19:23 Aggiornato il 18 Apr. 2019 alle 09:26

    La metamorfosi è ora ufficiale, con tanto di sigillo notarile. Il Movimento 5 Stelle rottama il suo guru e co-fondatore Beppe Grillo, relegandolo a “garante che attinge i suoi poteri dallo Statuto e dal Regolamento del Movimento” e con lui la vecchia associazione che fu costituita dal comico-leader e da Gianroberto Casaleggio nel 2009.

    Nel nuovo soggetto, creato il 20 dicembre del 2017 nello studio del notaio milanese Valerio Tacchini, i due leader e “soci fondatori” sono Davide Casaleggio e Luigi Di Maio. Due le sedi, entrambe a Roma: una in via Nomentana 257, l’altra, quella operativa, in via Piemonte 32.

    “È la fine della narrazione del Movimento partecipato, nato dai cittadini, e ci introduce alla realtà oligarchica di un partito creato da due persone, di cui una viene nominata capo politico con poteri pressoché assoluti e che poi impone come condizione per la candidatura alle elezioni politiche l’accettazione del nuovo status quo e lo scalzamento della vecchia associazione e del ‘non- Statuto’, che era ispirato da una concezione di democrazia integrale”. Queste le parole dell’avvocato Lorenzo Borrè, ex attivista oggi impegnato in una serie di battaglie legali contro il suo ex partito.

    In verità, la narrazione a cui fa riferimento Borrè durò davvero poco. Già nel 2013, quando le prime corpose pattuglie di deputati e senatori misero piede nei palazzi, la Casaleggio Associati dovette costituire un sistema di controllo – il famigerato staff – per limitare le gaffe dei neo eletti, che tra apriscatole, gite sul tetto di Montecitorio e video improvvisati qua e là, mostrarono già allora tutti i limiti della cosiddetta ‘democrazia dal basso’, una bandiera che alla prova dei fatti si è rivelata un fallimentare sistema di selezione dove di basso c’è solo il livello delle improvvisate comparse senza arte né parte spedite nei luoghi della politica a far danni.

    A stretto giro saltò la tanto ostentata “trasparenza”, arrivarono le riunioni a porte chiuse senza streaming e il cosiddetto “direttorio” (ovvero, quello che nei partiti si chiama da sempre “gruppo dirigente”).

    Ciò che scopriamo oggi, a quasi un anno e mezzo dalla fondazione della nuova associazione (a proposito di trasparenza…), era già evidente da molto tempo: il Movimento 5 Stelle è un partito a tutti gli effetti. Con una carta bollata si è scritta la parola fine sulle utopiche illusioni di Gianroberto Casaleggio, sposate e portate avanti insieme al suo grande amico comico.

    Il ‘nuovo’ Movimento 5 Stelle è un partito assai poco democratico, dove la leadership non è contendibile e dove tutto è gestito da una società privata. Un partito dove il ‘capo politico’ può “modificare e/o integrare l’atto fondativo e i relativi allegati, senza alternarne il significato sostanziale” (Di Maio potrebbe togliere il vincolo dei due mandati con una letterina, ad esempio), un partito dove le votazioni interne sono gestite dalla suddetta società privata attraverso una piattaforma informatica che si è rivelata vulnerabile e poco trasparente, un partito dove il ‘capo effettivo’ – ma forse bisognerebbe utilizzare il termine ‘proprietario’ – non è un eletto ma un erede.

    Un partito che in nome di un patto di potere con il più antico dei partiti presenti in Parlamento (la Lega c’era già nella Prima Repubblica) è oggi subalterno alla peggior destra della storia repubblicana.

    Le festose e invasate piazze del “vaffa-day’ sono ormai uno sbiadito ricordo, le felpe di pile hanno lasciato il posto alle giacche su misura, i sandali ai mocassini di Gucci. L’ormai anziano comico che un tempo faceva sorridere la Dc demitiana e arrabbiare i socialisti craxiani è stato rottamato dalle terze file del suo pubblico.

    È lì che recita e suda in teatri sempre più vuoti e quando può, come un vecchio nonno scorbutico, lancia qualche frecciata ai nuovi capi, a quei nipotini scapestrati e maleducati che lo assecondano e ridono alle sue spalle. E non più per le sue battute.

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