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    La lettera con cui Renzi intima al pm di desistere dall’indagine

    Renzi dice: “Non mi sottraggo al processo. Voterò a favore dell’uso delle intercettazioni”. Ma in un documento di un anno fa, indirizzato al pm che indaga sull’inchiesta Open, l’ex premier invitava a desistere dalle indagini

    Di Giorgio Del Re
    Pubblicato il 22 Nov. 2021 alle 14:26 Aggiornato il 22 Nov. 2021 alle 16:42

    “Non ho commesso alcun reato, cercano più me che Matteo Messina Denaro”: così, dal palco della Leopolda, il 20 novembre scorso Matteo Renzi si è scagliato contro i magistrati parlando dell‘inchiesta Open, che lo vede indagato con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti.

    “Quale reato si contesta? Quei soldi non solo sono tracciati, ma tutti bonificati. Noi non abbiamo violato leggi, mentre altri hanno violato l’articolo 68 della Costituzione” ha aggiunto l’ex premier ricoprendo il ruolo della vittima sacrificale o del perseguitato politico e aggiungendo di non avere “paura della verità”.

    Già la settimana scorsa, da Myrta Merlino, Renzi vestiva i panni dell’agnellino dichiarando: “Non mi sottraggo al processo”. E addirittura aggiungeva: “Quando si voterà in aula voterò a favore dell’uso delle intercettazioni”.

    Inchiesta Open: i Renzi papers

    Tuttavia, nelle carte dell’inchiesta Open (i cosiddetti “Renzi papers”) sono raccolti documenti in cui l’ex presidente del Consiglio parla con un’altra voce, e tutt’altro tono, duro e inequivocabile. In una lettera – datata 27 novembre 2020, solo un anno fa – Renzi, come un Berlusconi qualsiasi, contestava i pm che indagavano su di lui, negando la loro legittimità.

    Nella missiva, infatti, il leader di Italia Viva esordiva spiegando che non avrebbe accettato l’invito a comparire che ha ricevuto dai magistrati che indagano su di lui.

    La lettera di Matteo Renzi indirizzata al procuratore aggiunto Luca Turco

    Renzi, attraverso la lettera, su carta intestata del Senato, si rivolgeva direttamente al Pm Luca Turco, titolare dell’inchiesta. Prima adducendo come impegno giustificativo per la mancata presenza in aula “una audizione del sottoscritto presso la commissione parlamentare di inchiesta per la morte di Giulio Regeni, nella veste di ex presidente del consiglio”. Poi, in modo molto irrituale, cambiando passo e attaccando a testa bassa lo stesso Pm con una esplicita contestazione di legittimità: “Le significo – scriveva Renzi – che i miei legali consegneranno nelle prossime ore alla Sua attenzione una eccezione di incompetenza territoriale”. E subito dopo, nella lettera (che oggi compare tra le carte depositate) aggiungeva: “Prima di rispondere alle domande sue e dei suoi colleghi avverto il dovere di conoscere quale sia il giudice naturale ex articolo 25 della Costituzione”. Va fatto rilevare come la Procura generale della Corte di Cassazione abbia definitivamente respinto i rilievi di Renzi circa l’incompetenza territoriale con provvedimento del 5 gennaio 2021, con cui ha confermato la competenza a procedere della procura di Firenze.

    La lettera di Matteo Renzi indirizzata al procuratore aggiunto Luca Turco

    Dopodiché Renzi contestava sia il processo che l’inchiesta, invocando lo scudo della protezione parlamentare (anche se i fatti dell’indagine precedono la sua elezione, che risale al 2018). L’ex premier scriveva ancora nella lettera: “Sarà nostra cura intervenire in tutte le sedi per verificare inoltre il rispetto formale e sostanziale delle guarentigie di cui all’articolo 68 comma 3 della Costituzione che appaiono purtroppo gravemente lese”. Renzi aggiungeva addirittura che questa lesione avveniva “in modo reiterato e sistematico, da una prima lettura degli atti pubblicati dai media”.

    La lettera di Matteo Renzi indirizzata al procuratore aggiunto Luca Turco

    Insomma, una strategia a corrente alternata, ma che ritorna sempre ad punto: l’ex premier non riconosce l’autorità dei magistrati che indagano su di lui. Tuttavia, presentando il suo libro – questa estate – Renzi aveva sfidato Turco dicendo che se lo avesse denunciato avrebbe addirittura “rinunciato all’immunità”. Poi, però, scriveva questa missiva, così come emerge dai cosiddetti Renzi papers. Quindi a l’Aria che tira spiegava di non pensare a se stesso, o alla sua difesa, ma “a quello che sarebbe accaduto ad un normale cittadino”.

    Ma invece sabato scorso, alla Leopolda ha aggiunto anche un’altra frase evocativa: “Sulla rivista di Magistratura Democratica, Nello Rossi si spinge fino a dire che bisognerà stringere un cordone sanitario intorno a Renzi. Cosa accadrà – si danda il Renzi della Leopolda – quando chiederò dei Pm che indagano su di me, se fanno parte di Magistratura Democratica?”. Il nuovo modo per difendersi dal processo – dunque – è il più antico del mondo: contestare i pm.

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