La Russia è “impantanata” in Ucraina ma non ha ancora mostrato l’intenzione di contribuire “in maniera equa, credibile e costruttiva” alle trattative di pace, per questo “non intendiamo abbandonare” Kiev “nella fase più delicata degli ultimi anni”, anche se l’Italia “non intende inviare soldati”. A poche ore dal Consiglio europeo di domani e venerdì, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha illustrato oggi alla Camera le linee guida che porterà a Bruxelles, toccando i principali dossier internazionali sul tavolo, a cominciare dalla guerra in Ucraina e dall’ipotesi di ricorrere agli asset russi congelati in Europa per finanziare Kiev.
Appoggio a Kiev
Meloni ha definito “estremamente complessa” la trattativa in corso per porre fine alla guerra, sottolineando come non si possa prescindere “dalla volontà della Russia di contribuire al percorso negoziale in maniera equa, credibile e costruttiva”. “Una volontà non ancora maturata”, ha precisato la premier. A dimostrarlo, secondo la leader di Fratelli d’Italia, “i continui bombardamenti su città e infrastrutture in Ucraina, nonché sulla popolazione inerme” e “le pretese irragionevoli che Mosca sta veicolando ai suoi interlocutori”, in particolare riguardo alla porzione di Donbass mai conquistata dai russi e che il piano proposto dagli Usa e gradito al Cremlino propone di sgombrare dalle truppe di Kiev.
La questione dei territori rappresenta “lo scoglio più difficile da superare per la trattativa”, ha ammesso la premier, riconoscendo la buona fede del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che “è arrivato a proporre un referendum”, un’ipotesi però “respinta dalla Russia”. “Ogni decisione”, ha comunque ribadito Meloni, “dovrà essere presa tra le parti e nessuno può imporre da fuori la sua volontà”.
Sul tema delle garanzie di sicurezza per Kiev invece, la presidente del Consiglio ha affrontato tutti gli argomento attualmente in discussione in sede internazionale: la garanzia per l’Ucraina di mantenere un esercito numeroso ed efficiente; l’ipotesi del dispiegamento di una forza multinazionale per la formazione delle forze armate guidata dalla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” su base volontaria di ciascun Paese; e le garanzie da parte degli alleati internazionali sul modello dell’articolo 5 della Nato, a cui Kiev rinuncerebbe però ad aderire. Su quest’ultimo punto Meloni ha voluto essere netta: “Approfitto per ribadire che l’Italia non intende inviare soldati in Ucraina”.
D’altra parte però la premier ha sottolineato l’importanza di “mantenere la pressione sulla Russia” che, contrariamente alla propaganda, “si è impantanata in una durissima guerra di posizione a costo di enormi sacrifici”. Tale difficoltà, secondo Meloni, “è l’unica cosa che può costringere Mosca ad un accordo”. Nient’altro.
Prudenza sugli asset russi
Sul delicato tema degli asset russi congelati in Europa, infatti, Meloni ha spiegato che l’Italia ha deciso di appoggiare la proposta della Commissione Ue “senza avallare alcuna decisione sul loro utilizzo” ma ribadendo un principio fondamentale: “Decisioni di questa portata giuridica, finanziaria e istituzionale come l’eventuale uso degli asset congelati non possono che essere prese a livello dei leader”.
Il Governo, ha aggiunto la presidente del Consiglio, intende “chiedere chiarezza rispetto a possibili rischi connessi alla proposta di utilizzo della liquidità generata dall’immobilizzazione degli asset”, in particolare sulle possibili ritorsioni russe sui nuovi impegni che graverebbero sui bilanci nazionali degli Stati membri dell’Ue.
“Siamo aperti a tutte le soluzioni”, ha affermato Meloni, precisando però che “si tratta di decisioni complesse, che non possono essere forzate” e che trovare “una soluzione sostenibile sarà tutt’altro che semplice”. L’obiettivo è preservare l’equilibrio tra il sostegno all’Ucraina e il rispetto di “legalità, sostenibilità e stabilità finanziaria”. Insomma, sembra di leggere tra le righe, ci vorrà ancora tempo e difficilmente si raggiungerà un accordo nei prossimi due giorni come richiesto oggi davanti al Parlamento europeo dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.