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    Governo, il rebus dei voti per il Conte ter: il premier apre a tutti (compreso Renzi)

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 27 Gen. 2021 alle 07:55

    “Le mie dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un’alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono, per approvare una riforma elettorale di stampo proporzionale e le riforme istituzionali e costituzionali, come la sfiducia costruttiva, che garantiscano il pluralismo della rappresentanza unitamente a una maggiore stabilità del sistema politico”: l’appello con cui il premier dimissionario Giuseppe Conte chiama alle armi tutte “le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica”, per un nuovo governo “che offra una prospettiva di salvezza nazionale”, è aperto a tutti, sovranisti esclusi.

    La famosa “quarta gamba” con cui allargare al centro la coalizione rosso-gialla e poter fare a meno dei voti di Renzi, ancora non c’è. E molto probabilmente non ci sarà. È nato sì un nuovo gruppo in Senato, gli “Europeisti”, sotto le insegne del Maie-Centro democratico: dentro, però, al momento ci sono soltanto i senatori che già la scorsa settimana hanno votato la fiducia. Nessun rinforzo.

    E allora bisogna aprire, a chi dentro Italia viva e Pd lo ha contestato, e ai moderati e ai centristi, a cui il premier affida il miracolo numerico del Conte ter, propone un’alleanza di “chiara lealtà europeista”. Sulla bilancia delle trattative mette “una riforma elettorale di stampo proporzionale” e poi riforme istituzionali e costituzionali, “come la sfiducia costruttiva”. E per la prima volta riconosce che il prossimo premier potrebbe non essere lui: “L’unica cosa che davvero rileva, al di là di chi sarà chiamato a guidare l’Italia, è che la Repubblica possa rialzare la testa”.

    Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono riusciti a braccare i vari leader centristi che secondo le promesse della vigilia sarebbero dovuti correre in soccorso di Conte portando in dote un manipolo di senatori: Giovanni Toti di “Cambiamo” e Antonio De Poli dell’Udc, e invece è partito l’ordine di scuderia di salire “tutti insieme al Quirinale”.

    Tutto è in bilico, nulla è certo. Ma se davvero Renzi non metterà veti sul suo nome – e se davvero l’avvocato otterrà l’incarico – Conte potrà contare su alcuni giorni di tempo per convincere qualcuno dei centristi ad aggregarsi. Se si escludono i senatori a vita, ne mancano sette per arrivare alla maggioranza assoluta di 161, solo quattro per quota 158 (sufficiente, se si considera che gli stessi senatori a vita non voteranno contro). Numeri striminziti, che senza Renzi non garantirebbero un futuro tranquillo, forse neanche un futuro. Ma la scommessa del premier è sempre la stessa: sfruttare l’investitura per arruolare responsabili. E andare avanti comunque.

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