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    Conte, lectio magistralis all’Università di Firenze: “Il bilancio sulla pandemia lo darà la storia”

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 26 Feb. 2021 alle 16:39 Aggiornato il 26 Feb. 2021 alle 17:07

    Conte ritorna all’università di Firenze per la lectio magistralis

    Giuseppe Conte torna in cattedra: l’ex premier, terminata l’esperienza di governo e di conseguenza l’aspettativa, torna infatti ad essere avvocato e professore di diritto privato dell’Università di Firenze, dove, nel primo pomeriggio di venerdì 26 febbraio, ha tenuto una ‘lectio magistralis’ agli studenti di Giurisprudenza.

    L’ex presidente del Consiglio, che a breve potrebbe diventare il nuovo capo del M5S, ha tenuto una lezione dal titolo “Tutela della salute e salvaguardia dell’economia: lezioni dalla pandemia”.

    Visibilmente emozionato, ha parlato senza mascherina “vista la distanza” tra il leggio e gli studenti. “Questo giorno segna il mio ritorno nell’università fiorentina, ho accolto con gioia l’invito a tenere questa lezione. Una lezione che dedico a tutti gli studenti”.

    Conte, quindi, ha iniziato la sua ‘lectio magistralis’ in cui ha ricordato come l’Italia sia stato il primo paese occidentale ad affrontare la pandemia di Covid e a dover prendere misure drastiche.

    L’ex premier ha ripercorso i primi giorni dell’emergenza, sottolineando come l’esecutivo sia partito da una domanda: “Lasciare correre il virus o intervenire con misure restrittive? Il bilancio sulla pandemia lo darà la storia. Nella fase iniziale c’era chi sosteneva la tesi del mancato intervento poggiando sul fatto che il virus pareva poco più di una influenza, c’era poi una minoranza di negazionisti. Sono emerse concezioni anarchiche della libertà o la salvaguardia economica rispetto a quella della persona”.

    Secondo Conte, comunque, la tutela della salute ha permesso di difendere le imprese. “Già dalle prime valutazioni empiriche appare chiaro che la tutela prioritaria della salute ha consentito di difendere meglio anche il tessuto produttivo del paese e che le economie più resilienti si stanno dimostrando quello in cui sono state introdotte adeguate misure contenitive del contagio accompagnati da interventi di sostegno alle famiglie e alle imprese”.

    L’ex presidente del Consiglio ricorda che “la strategia normativa” per il Covid “è stata costruita su tre pilastri: ordinanze del ministro della Salute, dichiarazione stato di emergenza nazionale, l’adozione di decreti legge e Dpcm. Non sarebbe stato possibile lasciare l’intera regolamentazione ai solo decreti legge per l’imprevedibilità della pandemia e i tempi della conversione del decreto in legge. C’era la necessità di uno strumento agile per intervenire prontamente”.

    “È ingannevole – continua Conte –  il dilemma che prefigura un’alternativa tra tutela della salute e tutela dell’economia”. Secondo l’ex premier, quindi, l’adozione dei Dpcm erano necessari per adottare misure tempestivamente.

    “Solo alla politica spetta l’assunzione finale di responsabilità, perché è la politica che ha l’opera di una valutazione complessiva degli interessi in gioco superando i conflitti nel segno di un bilanciamento che contemperi la massima tutela della salute dei cittadini con il minore sacrificio degli altri diritti costituzionalmente protetti”.

    Giuseppe Conte, poi, nella sua lezione agli studenti dell’Università di Firenze ha parlato di Europa: “Quale Europa vogliamo? Di quale Europa abbiamo bisogno? Come ci percepiamo, come rappresentiamo noi stessi nel continente europeo? Ecco, queste sono domande che interpellano la nostra intelligenza, la nostra coscienza: richiedono un patto intergenerazionale, meritano la massima considerazione, la più schietta autenticità di risposta, in un mondo globalizzato in cui l’economia sembra avere preso il sopravvento rispetto alla politica e al diritto, dove abbiamo più volte constatato che il peso di una scelta economica assunta a molte longitudini di distanza può avere stringenti ripercussioni anche sulla nostra comunità nazionale”.

    Secondo l’ex premier, quindi, “La politica deve perseguire un europeismo critico non fideistico. L’europeismo non è una moda, bisogna rafforzare l’affidabilità della casa comune europea”.

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