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    Draghi, Renzi, Di Maio: le tre spine per Conte nuovo leader M5S

    Di Marco Antonellis
    Pubblicato il 3 Ago. 2021 alle 16:52

    Tredici assenti ingiustificati su un totale di 20 renitenti al voto: si chiude così la fiducia alla Camera sulla vituperata riforma Cartabia per il M5S. Nei giorni scorsi le voci sui dissidenti grillini si erano assestate tra i 30 e i 40 malpancisti, poi la frenata di Conte – preoccupato più dal referendum sulla sua “incoronazione” che da Mario Draghi – ha rimesso le cose a posto, limitandosi a mantenere vivo un segnale preoccupante per il Governo.

    Molti osservatori hanno peraltro notato la presenza prolungata del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ieri sugli scranni del governo, come una sorta di vigilanza attiva sul “branco” in stato di confusione. D’altra parte non è un mistero per nessuno che i gruppi parlamentari (così come anche l’elevato Beppe Grillo che scruta da lontano, ma attentamente, la situazione) siano molto più vicini al capo della Farnesina che all’ex presidente del Consiglio.

    Intanto, proprio oggi, è scattato il semestre bianco, che è un po’ il tana libera tutti per i partiti politici. Tanto più per il M5S, diviso tra le linee opposte di Di Maio e Conte e frastornato dall’esigenza di vendere cara la pelle al Governo Draghi.

    Si è detto del segnale alla Camera per i 13 grillini assenti, mentre al Senato, grazie anche all’intercessione del Pd, si è detto no alla guardasigilli Cartabia, rimandando l’approvazione della sua riforma in autunno. Un tempo utile per Conte per prendere possesso del partito, dato che da oggi è sottoposto al gradimento dei militanti del M5S, che dovranno esprimersi sulla nuova piattaforma dapprima sul nuovo statuto da lui scritto e voluto e poi sulla presidenza. L’avvocato pugliese si aspetta un gradimento non inferiore al 70% e forte di quel risultato si appresta a fare “barba e capelli” al suo successore a Palazzo Chigi.

    Nel mirino di Conte c’è, però, anche Matteo Renzi, soprattutto in vista dell’elezione del Capo dello Stato (l’ex premier è forte di un’alleanza a prova di bomba, almeno per il momento, con Enrico Letta). Ma c’è chi scommette che le grane per il leader del M5S non verranno solo dal Matteo di Rignano – pronto a lettere sotto assedio la sua leadership – ma anche e soprattutto dal continuo marasma dei suoi gruppi parlamentari.

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