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    Il Conte dimezzato: il premier può davvero sopravvivere senza maggioranza? Gli scenari della crisi

    Giuseppe Conte. Credit: Ansa
    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 18 Gen. 2021 alle 13:27 Aggiornato il 18 Gen. 2021 alle 14:30

    Se fosse una schedina del totocalcio, sulla partita della crisi di Governo gli scommettitori consiglierebbero di giocarsi una “tripla”. Il padrone di casa, Giuseppe Conte, punta ancora a prendersi l’intera posta dopo il voto di domani al Senato, convincendo con il suo discorso una pattuglia di cripto-responsabili, pescati tra Italia Viva, centristi e Forza Italia, a uscire allo scoperto. Se ciò accadesse, il premier dal rischio azzoppamento passerebbe al trionfo politico, disinnescando il secondo Matteo in meno di due anni. La navigazione, con una maggioranza risicata, resterebbe complessa, ma Conte si libererebbe della zavorra renziana e vedrebbe sempre più legittimata la sua leadership.

    Gli effetti, da un punto di vista politico, sarebbero però per certi versi rischiosi: senza Italia Viva a mettere zizzania l’esecutivo sarebbe certamente più tranquillo, ma col pericolo di addormentarsi nuovamente come accaduto durante la prima stesura del Recovery Plan. Un Governo, insomma, privo di un “contropotere” interno e una dialettica politica tra le forze di maggioranza a serio rischio appiattimento. Ma, come ovvio, primum vivere deinde philosophari, specie se l’alternativa è un caos politico-parlamentare in piena pandemia.

    L’arroccamento degli ultimi giorni dei responsabili che non lo erano, però, rende quello dell’apoteosi contiana uno scenario al momento assai poco probabile. Più verosimile, sulla schedina, un bel segno X, ovvero una maggioranza relativa ottenuta dal Governo grazie all’astensione di Italia Viva e un bottino attorno ai 155 sì. L’intenzione di Conte, in quel caso, è di andare avanti cercando di puntellare la maggioranza col passare dei giorni, seducendo i parlamentari ancora dubbiosi con le poltrone dei ministeri rimasti vacanti. Sarebbe un Governo di minoranza, sotto scacco di Italia Viva almeno nel breve periodo, e avrebbe bisogno del placet di Mattarella, che potrebbe invece spingere per l’apertura formale della crisi.

    L’alternativa, in caso di sopravvivenza senza maggioranza assoluta, sarebbero le dimissioni di Conte e un reincarico di Mattarella (il famoso Conte ter), con un rimpasto che formalizzi l’ingresso dei fantomatici costruttori nell’esecutivo allargando così la maggioranza parlamentare. Quasi impossibile, in ogni caso, pensare di andare avanti a lungo con meno di 161 senatori, e con Renzi che ha già chiarito di voler votare solo provvedimenti essenziali e non certo di fare da stampella biennale da remoto.

    La vittoria della squadra in trasferta, ovvero del centrodestra, è anch’essa tutt’altro che da escludere. Se la conta dei governisti si fermasse anche sotto quota 155, o se comunque in breve tempo non si arrivasse a una maggioranza assoluta in Senato, la palla passerebbe necessariamente al Capo dello Stato. Sbaglia chi ritiene che, a quel punto, le elezioni siano l’unica prospettiva. Il Colle, stando ai retroscena politici, non sembra affatto intenzionato a portare il Paese alle urne nell’immediato. E anche nel centrodestra sono sempre di più le voci che si smarcano dai proclama meloniani (elezioni senza se e senza ma) e aprono alla prospettiva di appoggiare un esecutivo di scopo (prospettato stamattina dal governatore della Liguria Giovanni Toti).

    Il cerino, in ogni caso, a quel punto passerebbe nelle mani di Pd e Movimento Cinque Stelle: apparentemente disposti a gettarsi nel fuoco per Conte, di fronte all’ineluttabile potrebbero però far prevalere il principio di realtà e rendersi disponibili per un Governo alternativo. Anche in questo caso gli scenari si ramificano: potrebbe configurarsi un nuovo esecutivo politico con la defenestrazione di Conte, un nuovo premier e la stessa maggioranza attuale col clamoroso rientro di Italia Viva.

    In alternativa, potrebbe trattarsi di un Governo tecnico ma con un profilo politico più a sinistra, anch’esso appoggiato da Pd, M5s, LeU e Italia Viva, tenendo fuori il centrodestra. L’ipotesi di un esecutivo tecnico con una maggioranza bipartisan, in stile Monti, sembra la meno probabile a causa dell’eccesso di veti incrociati: da Zingaretti allo stesso Renzi, sono ormai troppi ad aver escluso categoricamente la collaborazione istituzionale col fronte sovranista.

    Sia come sia, mentre un nuovo Governo politico potrebbe avere un orizzonte di fine legislatura, un Governo tecnico di scopo potrebbe verosimilmente solo accompagnare al voto il Paese nel giro di qualche mese, non prima di aver gestito le emergenze indifferibili.

    La vittoria in trasferta con goleada, ovvero un Governo politico di centrodestra, resta l’opzione più difficilmente praticabile per questioni numeriche (nonostante Salvini e Meloni sostengano che i numeri “si possono trovare”). Anche un Governo tecnico a inclinazione centrodestra, appoggiato da sovranisti e una folta pattuglia di grillini pentiti e centristi, resta di difficile attuazione pallottoliere alla mano.

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