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    La mossa da furbetta della governatrice (Pd) Marini: vota contro se stessa per respingere le proprie dimissioni (e si salva)

    Catiuscia Marini. Credit: ANSA/PIETRO CROCCHIONI
    Di Luca Telese
    Pubblicato il 19 Mag. 2019 alle 17:24 Aggiornato il 19 Mag. 2019 alle 18:35

    La governatrice Catiuscia Marini sabato 18 maggio ha votato contro se stessa per salvare se stessa. Un piccolo miracolo, un gioco di carte, una mossa che salva se stessa ma fa danno al suo partito.

    Credo che Nicola Zingaretti non abbia scelta, e che ora sia costretto a cacciare Catiuscia Marini. La governatrice dell’Umbria, infatti, ha fatto una mossa da furbetta che rischia di creare un danno a tutto il Pd, non solo nella sua regione, ma a livello nazionale.

    Prima (come abbiamo raccontato) la Governatrice dell’Umbria, schiacciata dal peso delle intercettazioni e pressata con discrezione ma con rigore dal commissario zingarettiano, Walter Verini aveva rassegnato le dimissioni dopo l’inchiesta sulla sanità in Umbria, con le vittorie pilotate nel concorso per i disabili.

    Poi, come i peggiori marpioni della seconda repubblica, la Marini consigliera ha votato contro le dimissioni che la stessa Marini finta moralizzatrice aveva dato. Un genio. Ha votato contro se stessa, insomma, per salvare lo scranno, come nella migliore tradizione della prima repubblica.

    Una presa in giro per i suoi elettori e – soprattutto – per il suo segretario, che (con molta eleganza) le aveva lasciato la via del ritiro facendo salvo l’onore. Una mossa che – però -in modo imperdibile oggi è diventata un passo falso.

    La Marini infatti non aveva previsto che, dati i numeri risicatissimi della maggioranza, il suo voto è diventato determinante. Ha salvato se stessa, dando l’impressione che le dimissioni fossero un passo puramente tattico, basato sulla certezza che poi la sua maggioranza l’avrebbe tenuta incollata alla poltrona. Ha fatto male i conti.

    Ma adesso, in una campagna elettorale in cui dal caso Siri in poi la questione morale è tornata prepotentemente, e in cui il M5s ha recuperato tre punti (secondo i sondaggi) da quando ha iniziato a battere su questo tasto, Zingaretti e Verini non possono farsi prendere in giro dalla governatrice, che fra l’altro ha rilasciato interviste surreali dicendosi vittima di una congiura “maschilista” che avrebbe avuto come obiettivo lei in quanto “donna”.

    Adesso, dopo l’autosalvataggio le buone maniere non sono più giustificate. Il leader del Pd ha tutto il diritto di dire: o ti dimetti tu o ti dimetto io, alla presidente rimasta invischiata nella sanitopoli dei concorsi pilotati.

    Ma il trucco dell’autovoto per salvarsi, comunque vada, lascia un segno di malinconia. È sempre meglio capire quando è il momento di mollare. Possibilmente da soli.

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