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    Bossi jr., Siri e ora Giorgetti: quando le colpe dei padri in politica ricadono sui figli

    Credit : AGF
    Di Stefano Iannaccone
    Pubblicato il 16 Dic. 2021 alle 07:26 Aggiornato il 16 Dic. 2021 alle 07:27
    Da ex ministri a leader di partito, è lunga la galleria di rampolli di dinastie politiche finiti nel tritacarne mediatico a causa dei genitori troppo ingombranti. Le colpe dei padri ricadono, eccome, sui figli. Il caso di scuola principale incrocia il destino del Trota, al secolo Renzo Bossi. Il padre, il Senatur Umberto, ha fatto ombra, affibbiandogli anche quel soprannome, il Trota appunto, che lo ha accompagnato per tutta la vita. Ma non è solo questione di nomignoli. Nel 2012, Bossi jr, eletto consigliere regionale in Lombardia, fu costretto alle dimissioni per il coinvolgimento nel finanziamento alla Lega, con la contestazione della laurea comprata a Tirana, in Albania. Il suo percorso giudiziario, dopo la condanna in primo grado, si è chiuso nel 2019 con il non luogo a procedere da parte della Corte d’Appello di Milano. Dopo tante paturnie, legate al padre, l’ancora di salvezza arrivò dalla Lega che non aveva presentato querela nei confronti di Bossi. Un altro case history è quello di Luca Lupi, figlio di Maurizio Lupi, ex ministro delle Infrastrutture. Fu tirato in ballo nella vicenda relativa alla maxi inchiesta sulle tangenti per le grandi opere. Né il padre, né il figlio furono iscritti nel registro degli indagati, ma fece molto scalpore il rolex da 10mila euro regalato a Luca dall’imprenditore Perotti, amico di famiglia. E soprattutto, secondo le intercettazioni, l’allora ministro avrebbe cercato una raccomandazione per il figlio. Maurizio Lupi ha sempre smentito, ma di fatto il figlio è ricordato da tutti per le questioni legate al genitore.

    Palazzine & assunzioni

    Sorte simile è capitata a Cristiano Di Pietro, erede del fondatore dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro. Cristiano fu coinvolto in un’inchiesta Global service, nel 2008. Si dimise dal partito anche prima di essere indagato. Nella lettera in cui annunciava la decisione, mise nero su bianco la sua condizione: «La mia unica colpa è quella di essere figlio di mio padre. Per colpire lui stanno colpendo me, mia moglie ed i miei tre figli». Ma ci sono vicende più recenti. Basti pensare all’ex sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, che pensò bene di intestare alla figlia una palazzina, con sette appartamenti a Bresso, comune del milanese. L’operazione finì sotto la lente di ingrandimento per l’ipotesi di reato di autoriciclaggio, perché i mutui concessi dalla Banca agricola commerciale di San Marino, apparivano anomali. Di diversa natura, ma comunque di impatto mediatico, è la storia che ha riguardato il sottosegretario del governo Draghi, Bruno Tabacci, che deteneva la delega all’Aerospazio mentre il figlio Simone veniva assunto a Leonardo. Per evitare la graticola al rampollo, è stato il navigato deputato a rinunciare alla delega governativa che aveva creato più di qualche imbarazzo in famiglia. E seppure non di figli si tratta, c’è un altro scandalo entrato negli almanacchi politici: quello dell’allora ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che riceveva pressioni dal suo (ora ex) compagno, Gianluca Gemelli, per ricevere favori ed essere introdotto nel sistema di potere. «Non mi puoi trattare come una sguattera», si lamentò lei. Finendo per dover rassegnare le dimissioni per quelle intercettazioni, non rilevanti penalmente ma imbarazzanti politicamente.

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