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    I talebani hanno spento anche la musica (di W. Samadi)

    Sul sesto numero di The Post Internazionale, Wadia Samadi racconta come i negozi di strumenti musicali siano stati chiusi in tutto l’Afghanistan, cantanti e musicisti siano fuggiti, oppure vivano nascosti

    Di Wadia Samadi
    Pubblicato il 21 Ott. 2021 alle 17:02

    Mi mancano le lezioni di harmonium. È il grido di Ali, un ragazzo della mia famiglia che studiava musica con un cantante locale nella zona di Kaart-e-Naw a Kabul. «Il mio ustaad (insegnante) ora si nasconde. L’ultima volta che gli ho parlato era molto spaventato perché aveva saputo che i talebani avevano ucciso un cantante folk nel villaggio di Andarab, a nord di Kabul. La sua voce, una volta forte e profonda, si era fatta malinconica e fioca. Spero sia riuscito a raggiungere il Pakistan». I negozi di strumenti musicali sono stati chiusi in tutto l’Afghanistan e cantanti e musicisti sono fuggiti, oppure si sono nascosti. Già nel 1996 i talebani avevano bandito tutti i generi musicali, tranne i canti religiosi, ed era proibito ballare e ascoltare musica durante i matrimoni.

    Ora sostengono di nuovo che la musica è «anti-islamica» e l’hanno vietata. In tv e per radio non può essere trasmessa e i programmi musicali sono stati sostituiti con lezioni di fede islamica o film sui profeti. Nell’agosto scorso i talebani hanno brutalmente assassinato Fawad Andarabi, un autore folk molto popolare che cantava il suo villaggio d’origine, Andarab, e la sua gente. Inoltre circolano voci su miliziani recatisi in negozi di strumenti musicali per distruggerli. «Tutti i cantanti che conoscevo sono fuggiti e quelli rimasti cercano di andarsene. Non sappiamo cosa ci accadrà. La musica è la nostra passione e il nostro mezzo di sostentamento. Ormai potremmo metterci a vendere verdura o cominciare a cercare un altro lavoro», spiega Shah Rasool Qasemi, un cantante di musica classica molto popolare in Afghanistan. All’inizio di ottobre, i musicisti dell’Istituto nazionale afghano di Musica e dell’Orchestra Zoha, composta di sole donne, sono stati finalmente trasferiti in aereo in Qatar, dopo aver trascorso settimane a cercare di fuggire dai talebani.

    In tutto questo è consolante sapere che molte famiglie sono comunque riuscite a festeggiare i matrimoni negli alberghi di Kabul. Qualche cerimonia è stata celebrata anche di recente. I talebani hanno vietato i canti dal vivo durante le nozze, ma segretamente si ricorre a un dj che trasmette la musica da un computer. Nella sala riservata alle donne, questa figura non può essere un uomo e viceversa. «Dal momento che a ogni matrimonio i talebani irrompono nelle sale riservate agli uomini per prendersi venti o trenta porzioni di cibo, il personale degli hotel presidia l’ingresso e quando vede arrivare i miliziani, li segnala al direttore che scollega l’impianto. Appena se ne vanno, riparte la musica», racconta Omid, invitato di recente a una festa di nozze.

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