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    Bentornata Silvia, oggi più che mai abbiamo bisogno del meglio della tua generazione

    Di Roberto Bertoni
    Pubblicato il 9 Mag. 2020 alle 19:05 Aggiornato il 9 Mag. 2020 alle 19:07

    Era dal 20 novembre 2018 che aspettavamo di poter commentare questa notizia: Silvia Romano è stata liberata. La giovane cooperante italiana, rapita in Kenya e della quale poco o nulla si è parlato in questi mesi, è stata finalmente rilasciata dai suoi sequestratori e può tornare finalmente in Italia. Non era scontato: un plauso al presidente Conte, al governo italiano e alla nostra straordinaria diplomazia per aver conseguito un risultato nel quale in molti, me compreso, lo confesso, non speravano quasi più. Per una volta, non è superfluo dire che è stata liberata una di noi. Silvia, infatti, incarna il meglio della nuova generazione globale, nata dopo l’abbattimento del Muro di Berlino e cresciuta con l’idea di un mondo senza frontiere. La solidarietà, l’umanità, il rispetto, la passione civile e l’amore per il prossimo, il coraggio di battersi in prima persona per gli altri, a cominciare dagli ultimi e dagli esclusi, la dolcezza e la forza d’animo che senz’altro l’hanno sostenuta in questi interminabili mesi di prigionia: questa è Silvia e a lei e alla sua famiglia va il nostro abbraccio e la nostra vicinanza.

    Siamo stati fra coloro che non hanno mai taciuto su questa vicenda, che hanno sempre messo la propria penna, la propria tastiera e la propria voce al servizio di una battaglia nella quale credevamo e continuiamo a credere, contro la violenza, l’ipocrisia, il conformismo e la pavidità di quanti non affrontano determinati argomenti per paura di perdere lettori e ascoltatori. Siamo stati fra coloro che hanno chiesto con forza che Silvia venisse liberata, anche quando temevamo, come detto, che non ci fosse più nulla da fare. Non ci appropriamo di meriti che non ci appartengono ma di sicuro un grazie deve andare anche a quei non vasti settori dell’informazione che ci sono sempre stati e sempre ci saranno, perché la vita umana, come abbiamo imparato in questi mesi di scontro con un nemico atroce chiamato Coronavirus, viene prima di tutto.

    Siamo sicuri che presto tornerà in Africa o dovunque la chiamerà la sua vocazione al soccorso dei più poveri fra i poveri, dei più deboli fra i deboli, di coloro che hanno indotto persino dei grandi uomini di fede come padre Alex Zanotelli a domandarsi dove fosse Dio e perché non si palesasse concretamente al cospetto di simili tragedie. Questa è Silvia e questa è la sua natura: qualcuno si risparmi i suoi vuoti paternalismi perché tanto con lei non funzionano. Per fortuna, anche in un tempo arido e disumano come quello che stiamo vivendo, in cui il demone dell’indifferenza regna sovrano, esistono ancora ragazze come Silvia, persone animate da uno spirito missionario che rendono migliore ogni contesto, comprese quelle situazioni che non possono essere definite umane.

    Sono persone che si impegnano in prima linea, senza chiedere nulla in cambio, con l’unico obiettivo di strappare un sorriso a un bambino o di far sentire meno solo un villaggio sperduto. Di persone come Silvia ne abbiamo bisogno: sono quei giusti di cui parlava Borges che, l’uno all’insaputa, dell’altro, salvano quotidianamente il mondo. Non c’è niente da aggiungere, pena lo scadimento in una penosa e stucchevole retorica. Soltanto un grazie, sentito e partecipe, a chi ha lavorato nell’ombra per consentirci di festeggiare questa notizia. Bentornata Silvia!

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