Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Cronaca
  • Opinioni
  • Home » Opinioni

    Ieri facevate i razzisti coi migranti, oggi con gli italiani infetti: imparate a vivere senza un nemico

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 4 Mar. 2020 alle 09:05 Aggiornato il 4 Mar. 2020 alle 16:55

    Il razzismo cambia forma ma ha sempre le stesse facce e sempre gli stessi argomenti: i nemici sono i disperati, i poveri e comunque quelli che si ritrovano in difficoltà come ci si ritrova in difficoltà spesso per i casi della vita. La lunga linea rossa del razzismo italiano, quello che si era incendiato decenni fa contro i terroni che erano il bersaglio preferito della Lega, in questi giorni sta compiendo il suo giro immenso e tornando a casa, pronto ancora a esacerbare il confronto tra le regioni italiane in una guerra intestina che era stata interrotta dai migranti e dal pericolo che arrivava da lontano. È il sud contro il nord, a parti invertite, con il nord che questa volta si ritrova a fare i conti con il personaggio dell’oppresso a causa dei focolai di Coronavirus e a causa della pessima e allarmistica comunicazione di certa sua classe dirigente.

    Esultano quelli del Sud (alcuni, ovviamente, i razzisti) tutti fieri di vedere l’antico oppressore ora nella parte della vittima e si augurano che quelli là stiano a casa loro senza venirli a infettare. Se ci pensate è un sentimento che non è mai mancato in questi ultimi anni: si è passati dall’odio contro i terroni che ci rubavano il lavoro e che imbarbarivano i nostri costumi all’odio per gli albanesi che ci rubavano il lavoro e imbarbarivano in nostri costumi all’odio per i rumeni che ci rubavano il lavoro e imbarbarivano i nostri costumi all’odio per gli immigrati che ci rubano il lavoro e imbarbariscono i nostri costumi per arrivare all’odio verso il settentrione che si ritrova malato e infetta i nostri costumi.

    È la dimostrazione semplice semplice che nel momento in cui c’è il razzismo possono cambiare semplicemente i nemici ma il sentimento pervade costantemente una parte consistente del Paese. Si potrebbe sperare, sarebbe l’unica notizia buona, che almeno il tutto serva da lezione: vuoi vedere che ora che i settentrionali si ritrovano nelle parti delle vittime imparano cosa significhi essere semplicemente in una parte sfortunata del mondo al di là dei meriti e dei demeriti? Ma non funzionerà, no. C’è solo da aspettare che arrivi un nuovo nemico, che sia un rifugiato o un nuovo virus, per accorgersi che al massimo potremo assistere all’ennesima deviazione, solo quella. Un’inversione di marcia è troppo sperare, per ora, finché non sopraggiunge la coscienza.

    Leggi anche:
    1. Coronavirus, italiani vade retro: quando la paura del contagio sconfina nel razzismo 2. Il genio della settimana: Attilio Fontana e il suo allarmismo da paura (di Giulio Cavalli)
    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version