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    Altro che Primo Maggio: il Coronavirus ha messo a nudo il sistema fallimentare del mondo del lavoro

    Festeggiamo il Lavoro in un Paese che ha cancellato il diritto alla serenità e ha deciso che un sistema economico in cui restare aggrappati giorno per giorno è la normalità

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 1 Mag. 2020 alle 14:04 Aggiornato il 2 Mag. 2020 alle 13:11

    Primo Maggio, il Coronavirus e il sistema fallimentare del mondo del lavoro

    C’è chi l’ha perso, c’è chi aspetta la riapertura per vedere se davvero ce l’ha ancora, c’è chi non l’aveva nemmeno prima e ora deve cercarlo con ancora più disperazione, c’è chi trattiene a stento la rabbia anche solo sentendone parlare e c’è chi semplicemente non esiste perché il lavoro era un aggrapparsi quotidiano per spremere ciò che serviva per la cena: la Festa del lavoro di questo primo maggio del duemilaventi è il bordo di un burrone a cui ci stavamo avvicinando lentamente negli anni e che oggi ha subito un’evidente accelerazione spinto dagli eventi. Ecco qui il decantato mondo del lavoro che esplode crollando su se stesso mentre fa i conti con la pandemia, eccolo qui il confine che divide chi può permettersi di salvarsi e di prendersi cura di se stesso e chi invece affoga.

    La lezione del virus? Ci ha mostrato, se ce ne fosse bisogno, che milioni di italiani vivono con un futuro brevissimo che non si può permettere di saltare un solo mese di pagamento, ci ha mostrato che le prospettive di futuro sono ben diverse da quelle di una certa narrazione che ci vorrebbe tutti smart, tutti imprenditori di se stessi e sempre travolti dalle possibilità: questo è un Paese che ha cancellato il diritto alla serenità e che ha deciso che un sistema economico in cui restare aggrappati giorno per giorno è la normalità.

    Dicevano che la pandemia avrebbe dovuto essere una livella che mettesse tutti sullo stesso piano e invece il Covid è una cesura profonda tra quelli che possono permettersi una pausa e i moltissimi che lavorano solo per sfamare il presente e non hanno occhi per guardare più in là del prossimo fine mese.

    Siamo sicuri che tutto funzioni, davvero? Siamo sicuri che un sistema economico che rischia il default nel momento in cui gli schiavi non possono permettersi di essere schiavi per motivi di salute sia un sistema economico (e sociale) sano? Siamo sicuri che un sistema sanitario che si basa sull’eroismo dei suoi operatori sia un sistema sufficientemente strutturato?

    Poi c’è il capitolo degli aiuti del governo che come al solito si incagliano nell’imbuto della burocrazia e che addirittura devono affidarsi al buon cuore delle banche per essere oliati. Questo primo maggio dovrebbe onorare la Festa del lavoro con la promessa di non tornare alla normalità di prima perché la normalità di prima era fallimentare. Chissà se qualcuno ha abbastanza voce (e abbastanza coraggio) per dirlo forte e chiaro, per fuggire dalla retorica e dal paternalismo e riconoscere che il virus ha mostrato che il Re è nudo. Così, semplicemente.

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