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    Sinistra, svegliati: il Pd abbandoni le idee di centro e torni al fianco degli ultimi (di G. Gambino)

    Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI
    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 29 Set. 2022 alle 17:51 Aggiornato il 6 Ott. 2022 alle 16:39

    Ve lo avevamo detto. Ed è accaduto. La coalizione del centrosinistra, orfana del M5S, ha perso le elezioni politiche del 25 settembre. I numeri sono drammatici e inconfutabili: il Pd non è arrivato nemmeno al 20 per cento, riportando la soglia vicino a quella che segnò la sconfitta di Matteo Renzi cinque anni fa, senza considerare che nel risultato di questo voto è incluso anche il circa 1.5 per cento di Articolo Uno. Ma la responsabilità di questa débâcle non è certo imputabile al solo Enrico Letta. Quanto se mai all’intera classe dirigente del Partito Democratico che negli anni ha via via ceduto alle pressioni di chi voleva che fosse un partito addomesticato vicino non più agli interessi degli ultimi ma a quelli di chi gli garantiva il potere di governare.

    L’appiattimento nel nome di Mario Draghi è stata una discriminante troppo grande per non compromettere tutto già prima dell’inizio della campagna, al netto delle alleanze mancate. Prova ne sia il fatto che i singoli partiti che sono usciti meglio dal voto sono anche quelli che più si sono opposti all’agenda del banchiere, e che evidentemente gli italiani hanno deciso di premiare. Non è una questione di leader, perché ne esisterebbe anche qualcuno valido. Non è una questione di idee, perché ce ne sarebbero anche più d’una degna di nota. E non è nemmeno solo una questione di visione, perché già in passato i dem hanno dimostrato di saper risalire la china.

    Il problema principale è d’identità: chi decidi di essere e come racconti chi sei. Nessuno oggi ha il coraggio di farlo perché mai in principio, sin dalla fondazione del Pd, è stato discusso in maniera chiara quale sarebbe stato l’identikit sociale del partito. Se non – questo sì – l’accettazione di un’accozzaglia di correnti saldate insieme dal desiderio di auto-conservazione e dalla volontà di stare al potere. Così facendo, però, gli elettori, le piazze e i cittadini sono finiti per essere quasi sempre l’ultimo dei pensieri per molti di questi dirigenti (a parte quando si vota). Che poi si sorprendono se vengono fischiati. Che vanno nei comizi solo se sanno che c’è il pubblico amico. Che tacciono in tutti i momenti decisivi del dibattito politico.

    Anche così è morta la politica, fatta di “sangue e merda”. Anche così è cessato il confronto e lo scontro. Anche così sono scomparse le vere istanze degli ultimi dall’agenda di chi governa. Non basta parlare di mensilità in più per poter dire di essere vicini ai lavoratori; non basta parlare di atlantismo per poter dire di essere europeisti (che poi sono due cose diverse); non basta parlare di imposta sui patrimoni più ricchi per poter dire di essere vicini ai giovani. Questo discorso vale naturalmente per tutti i partiti. Ma, pensateci, nessuno fra tutti gli schieramenti politici appare agli occhi degli elettori antipatico, lontano e aggrappato al potere quanto il Pd. Sembra un vecchio partito liberale dell’800 che commette errori, e che mai vince, perché non ha legami con le masse che vorrebbe rappresentare. La soluzione è una sola: ripulire il partito, salutare gli amici che hanno idee di centro e abbracciare una politica radicale, senza timore di esserlo, al fianco degli ultimi. In una parola: sinistra.

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