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    Il caso Open to Meraviglia ci dice che l’Italia non sa raccontarsi al mondo

    “Se non ti racconti tu, qualcun altro lo farà al posto tuo”, dicono gli storyteller esperti. Ed è quello che sta accadendo oggi

    Di Andrea Fontana
    Pubblicato il 4 Mag. 2023 alle 12:41 Aggiornato il 11 Mag. 2023 alle 10:29

    Vivisezionata in ogni sua parte, criticata e fatta a pezzi, Open To Meraviglia non è solo un opportunità persa per fare del buon marketing ma anche un’occasione sprecata per fare nation e country branding, modalità indispensabili con cui un Paese oggi si dovrebbe raccontare nel mercato internazionale delle destinazioni turistiche e una Nazione nelle geografie politiche del soft power.

    L’Italia è così una destinazione che viene raccontata tanto (dagli altri e all’estero) ma che non sa raccontarsi in modo mirato, né in logica Paese né in logica Nazione: Open To Meraviglia mette in luce questo lack strategico, assomigliando più a una campagna di promozione di una meta specifica (quasi come fosse l’invito a visitare un museo a cielo aperto) che una vera e propria campagna di branding e marketing culturale-esperienziale. Vediamo perché.

    Raccontare un Paese: tra nation e country branding
    Quando si comunica un Paese e la sua cultura, per evitare di cadere nel semplice richiamo turistico stereotipato o peggio nello strillo macchiettistico, è importante che le istituzioni preposte si pongano alcune domande fondamentali – oltre ai target – che forse sono state dimenticate nella campagna Open To Meraviglia. E cioè, per esempio:

     

     

     

    Queste domande non sono casuali, ma corrispondono a specifiche esigenze di Nation branding e di country branding; due concetti distinti su cui nella campagna Open to Meraviglia abbiamo fatto un po’ di confusione.

    Il brand nation building infatti si concentra sulla costruzione e gestione della reputazione e dell’identità di un marchio Paese. L’obiettivo è creare una percezione positiva del brand Paese nella mente dei pubblici globali, aumentare la potenziale fidelizzazione turistica e il valore del marchio stesso nei mercati internazionali.

    Gli strumenti del brand nation building includono la pubblicità, il marketing, il design del logo e l’immagine coordinata, il coinvolgimento del pubblico sui social media, l’esperienza del cliente e molte altre iniziative.

    Il country brand building, invece, si riferisce alla costruzione e sviluppo della reputazione e dell’immagine di un intero Paese, sia a livello nazionale che internazionale. L’obiettivo è aumentare la visibilità e l’attrattiva del Paese, migliorare la percezione positiva dell’opinione pubblica, attirare investimenti e turismo, migliorare le relazioni diplomatiche e promuovere lo sviluppo economico e culturale.

    Gli strumenti del country brand building includono la politica internazionale, la cooperazione e lo scambio culturale, il turismo, l’attrazione di investimenti, la promozione del patrimonio culturale e artistico, e la creazione di infrastrutture e servizi di alta qualità. In sintesi, mentre il brand building è incentrato sulla costruzione e gestione dell’identità di un marchio nazionale, il country brand building è incentrato sulla costruzione e gestione dell’immagine e reputazione di un Paese.

    Al di là di Open to Meraviglia
    Open To Meraviglia sarebbe dovuta essere una raffinata sintesi, tra costruzione e gestione dell’identità di un marchio nazione (brand nation) che porta con sé valori, cultura e attrattività artistica e la gestione dell’immagine e della reputazione (country building) di una destinazione turistica che porta con sé emozioni, obiettivi, esperienze e mete paesaggistiche.

    Ma la campagna Open To Meraviglia ha messo in luce l’approccio culturale e manageriale che il nostro Paese ha verso il marketing di sé e la narrativa turistica del proprio territorio e della propria cultura, praticamente assente. E questo non è un problema della campagna, quanto dell’intero sistema istituzionale che dovrebbe governare attrattività culturale, storica, artistica e turistica.

    “Se non ti racconti tu, qualcun altro lo farà al posto tuo”, dicono gli storyteller esperti. E così è quello che sta accadendo oggi: l’Italia viene raccontata ma non sa raccontarsi. E questo è oggi più che mai urgente: trovare una narrativa coerente e convincente del Paese.

    Quali valori raccontare, quali temi, quali percezioni, quali immaginari portare dentro e fuori i nostri confini. Solo così usciremo dalla situazione geopolitica competitiva in cui ci troviamo e potremo costruire una immagine più positiva per influenzare le decisioni di investimento, le scelte turistiche e la percezione dei pubblici globali, portando a benefici economici e sociali per l’Italia, le sue aziende e le sue persone.

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