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    Per il compleanno di Roma smettiamo di accontentarci e torniamo a pensare in grande (di S. Mentana)

    Credit: AGF

    Limitarci ad agire da custodi del passato ci renderà solo uscieri di una città che invece dovrebbe guardare avanti, forte della sua storia millenaria

    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 21 Apr. 2023 alle 07:00

    Poche città hanno il privilegio di conoscere la data del proprio compleanno, ma forse anche per questo è difficile avere un’idea di come festeggiarlo. Nel caso di Roma, che quest’anno il 21 aprile compie 2776 anni, la cosa è ancora più difficile, schiacciata com’è dalla grandezza della sua storia da un lato e da problemi che sembrano ormai strutturali, tanto piccoli rispetto a una storia millenaria, tanto incisivi sulla vita di tutti i giorni per milioni di persone da sembrare irrisolvibili.

    Se guardiamo lo spirito intrinseco della città, non può passare inosservata una vocazione all’universalità che può avere solo una città che è stata capitale di un grande impero, che è tuttora capitale della Chiesa Cattolica, che ospita alcune delle più grandi opere dell’arte e dell’ingegno umano mai realizzate. Uno spirito che da un lato apparentemente stride in maniera decisa con un atteggiamento che sembra quasi di rassegnazione, in cui anche la costruzione di un parcheggio o il rifacimento di un marciapiede, per non parlare del prolungamento della metropolitana anche di una sola fermata, sembrano imprese titaniche.

    Forse proprio la grandezza del passato ha contribuito a questo sentimento di rassegnazione, mutato dalla consapevolezza che ciò che abbiamo sia più grande di tutto ciò che potrebbe essere e che per un motivo o per l’altro non si riesce a raggiungere. Qualcosa di simile a quella che nel suo omonimo libro Nikos Dimou ha definito “L’infelicità di essere greci”, quella difficoltà ad affrontare il confronto tra la culla della civiltà antica e la Grecia moderna con tutte le sue difficoltà, così noi a Roma, eredi di chi costruì la “Regina Viarum” e oggi al centro dello scherno per le buche nelle nostre strade.

    Ma se vogliamo onorare la vocazione all’universalità di Roma, serve avere il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Non possiamo vivere della luce del passato, né del solo essere il centro del Cattolicesimo. Limitarci a essere i custodi di questo ci trasformerà nei semplici uscieri di una città che oltre che indietro e Oltretevere deve avere il coraggio di guardare avanti, forte di tutta questa storia, senza rassegnarci di fronte agli ostacoli per il solo timore che i problemi ormai siano tali da rendere qualsiasi cambiamento impossibile. Mirare alla sufficienza rischia di portarci a risultati mediocri, mirare al sogno, anche senza raggiungerlo, può farci avere un risultato migliore.

    Se vogliamo davvero fare un regalo alla nostra città per i suoi 2776 anni, forse non dovremmo limitarci a onorarla per tutto questo, ma anche avere il coraggio di immaginare in grande, senza accontentarci di poco, non pensando solo ai quasi tremila anni di storia trascorsi, ma alle innumerevoli migliaia che ci aspettano.

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