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    Non era Mafia Capitale? C’è poco da esultare: politici e criminali hanno comunque messo in ginocchio Roma

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 23 Ott. 2019 alle 13:12 Aggiornato il 23 Ott. 2019 alle 13:17

    Che curioso questo Paese in cui si esulta per le parole, tutto attaccato alla forma da dimenticarsi presto e convenientemente della sostanza, come se d’improvviso una Cassazione che ci indica di non chiamare come “mafia” la mafia Capitale basti per vedere esultare pietosi individui che hanno insozzato l’economia e la politica romana mischiando violenza, minacce, politica e controllo del territorio.

    Accade sempre così: tutti quelli che dicono di rispettare le sentenze le impugnano e le agitano modellandole sui propri interessi personali come se fossero accessori da indossare alla bisogna.

    Che la Cassazione dica che a Roma siano esistite due associazioni distinte (una dedita a estorsioni e intimidazione un’altra dedita invece a corruzioni e appalti) può essere una buona notizia solo per chi è interessato a elevare la città come soluzione delle storture criminali che ci circondano.

    In Cassazione non sono stati sollevati dubbi sulla natura criminale di tutti i fatti che i pm Tescaroli, Ielo e Cascini hanno portato a processo e c’è il riconoscimento di un’organizzazione criminale coordinata da una “classe dirigente” che supervisionava l’esercizio del suo potere.

    In attesa di conoscere le motivazioni della Cassazione (perché sì, sarebbe anche il caso di imparare a discutere delle sentenze quando si hanno in mano, una volta il giornalismo e la politica facevano così) forse sarebbe il caso che la politica si interrogasse sui buchi che hanno permesso l’infiltrazione di Carminati, di Buzzi e dei loro amici lì dove invece dovrebbe valere solo lo Stato.

    E invece no, e invece niente. In nome della superficialità come unica arma di propaganda oggi ci tocca pure leggere e ascoltare i difensori dei condannati che esultano come se tutto il processo del “Mondo di mezzo” sia solo una marachella di un gruppetto di stolti violenti, ci tocca leggere l’avvocato di Buzzi (Alessandro Diddi) che attacca addirittura la Raggi sulle buche di Roma per difendere il suo assistito.

    Se è vero che in questa azione giudiziaria ci sono (e ci saranno, appunto, con le motivazioni) elementi interessanti per la storia giudiziaria di questo Paese è vero anche che è indegno che la politica usi una “levità” nella condanna di Cassazione per auto assolversi da distrazioni e insipienze che dovrebbe correggere.

    Non c’è la mafia? Ci sono Carminati, c’è Buzzi, ci sono politici in carcere, ci sono gli imprenditori vessati, ci sono le gare inquinate, ci sono le violenze: non ci basta questo per discutere del mondo reale? Davvero?

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