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    Lombardia: cosa c’è in fondo al piano inclinato?

    Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Credit: ANSA

    La Giunta Fontana scricchiola in maniera sempre più evidente, schiacciata tra il dramma del Covid e il peso delle inchieste. Ci sono voci di dimissioni, ma il centrosinistra è pronto con una sua proposta alternativa? I dubbi sembrano essere ancora parecchi

    Di Lorenzo Zacchetti
    Pubblicato il 30 Lug. 2020 alle 18:07

    C’è più di una ragione per pensare che la Giunta Fontana si trovi ormai su un piano inclinato particolarmente ripido. Fonti vicine alla Lega danno il governatore (comprensibilmente) amareggiato e nei giorni scorsi possibilista sull’ipotesi di dimissioni che, altrettanto comprensibilmente, Matteo Salvini lo ha incitato a non prendere in considerazione, anche per non trasformare una già traumatica vicenda locale in un’ancor più traumatica vicenda nazionale.

    La posta in palio è altissima: oltre a essere la regione più ricca d’Italia, la Lombardia rappresenta un modello per il centrodestra, che ne ha sempre fatto vanto e perno delle proprie richieste di maggiore autonomia territoriale. Come se non fosse bastato il dramma del Covid-19, a mettere in discussione la decantata “eccellenza” dell’amministrazione padana c’è ora un autentico florilegio di inchieste giudiziarie. Talmente tante da lasciare prevedere che, ragionevolmente, i giudizi definitivi si avranno solamente molto tempo dopo la fine naturale del mandato di Fontana.

    Tuttavia, la natura stessa dei temi in discussione rischia di logorare la maggioranza Lega – Forza Italia – Fratelli d’Italia ben prima del tempo. Il nodo è politico, prima ancora che giudiziario, perché ad esempio a Giorgia Meloni, in impressionante crescita nei sondaggi, conviene ben poco portare il peso di scelte che, se non illegittime (questo lo deciderà chi di dovere), sono state senza dubbio impopolari, soprattutto per la loro efficacia nel contenimento del Covid-19.

    Nonostante l’arrivo della stagione estiva abbia indotto un po’ tutti a chiudere un occhio e mezzo per non affossare del tutto le varie industrie connesse al turismo, l’epidemia è tutt’altro che sconfitta. L’apertura di un nuovo fronte di battaglia il prossimo autunno viene data per certa e cosa è cambiato nella capacità della Lombardia di farvi fronte, rispetto alla prima ondata? Certo, non ci sarebbe più l’effetto sorpresa, ma a mezza bocca c’è chi parla di un nuovo lockdown in caso di contagi fuori controllo, con l’evidente rischio di affossare ulteriormente l’economia.

    Sarà veramente difficile per Fontana timonare la nave al di fuori di questa tempesta perfetta, ma non è certo detto che cambiando timoniere si plachino le bufere. È un film che in Lombardia abbiamo già visto, quando la maggioranza che sorreggeva Roberto Formigoni si è sgretolata sotto il peso delle inchieste giudiziarie, inducendo la Lega a sfilarsi e a portare la Regione ad elezioni anticipate.

    Nonostante una pioggia di arresti e di avvisi di garanzia, il centrodestra le rivinse a mani basse: bastò fare della Lega il nuovo perno della coalizione e candidare Roberto Maroni, che vinse agevolmente contro il meno noto Umberto Ambrosoli. Capita la lezione, alle elezioni successive il centrosinistra ha schierato un volto più conosciuto come Giorgio Gori, ma anche il sindaco di Bergamo è stato sconfitto nettamente. E da un Attilio Fontana che allora era molto meno famoso di oggi.

    Forse le titubanze di alcuni sulla richiesta di dimissioni di Fontana dipendono proprio dalla difficoltà di individuare un nome forte da contrapporre a quello del centrodestra, per realizzare un cambiamento che sia sostanziale e non solo di persone.

    Meglio un profilo forte, “radicale” nelle scelte o si tenterà per l’ennesima volta la corsa al centro? Meglio guardare all’interno delle istituzioni, tra chi ha direttamente osteggiato il “modello lombardo”, o giocarsi una carta nuova? E se fosse il momento di puntare su una donna? Meglio guardare le frecce già nella propria faretra o invece cercare un altro “Papa straniero”, per conquistare il voto di quelle “valli” che da anni snobbano i progressisti, i quali invece vanno forte a Milano e nei capoluoghi?

    Riuscirà il Pd a farsi carico dei temi più cari ai lombardi, riequilibrando una gestione un po’ sbilanciata e percepita come “freddina” durante i momenti più drammatici della crisi sanitaria? E con quale alleanza bisognerà sostenere il candidato, nel caso si arrivasse a sceglierlo? Per quanto il Movimento 5 Stelle abbia al suo interno almeno due anime, pare che l’orientamento prevalente sia quello di rimanere accanto ai Dem, ma lo stesso non si può certo dire di Italia Viva, che in Regione ha fatto più di un ammiccamento al centrodestra.

    Una volta tanto, il problema non è alla sinistra del PD, dove alcune iniziative comuni realizzate durante la pandemia hanno consentito di aprire un proficuo dialogo anche con la rete Milano 2030 e il mondo di associazioni di movimenti che si muove a quelle latitudini. I dubbi sono ancora troppi. La Lombardia è su un piano inclinato, ma cosa ci sia in fondo è ancora tutto da verificare.

    Leggi anche: Camici e scudo fiscale: Fontana dica la verità, una volta per tutte. O rischia di inguaiarsi ancora di più (di Luca Telese)

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