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    L’informazione tv di scarsa qualità abbassa il livello della politica (di A. Stille)

    Di Alexander Stille
    Pubblicato il 21 Nov. 2021 alle 08:00 Aggiornato il 7 Mag. 2023 alle 15:14

    Nell’ultimo anno ho avuto due pensieri contrastanti: la televisione – con film e serie da tutto il mondo su Amazon e Netflix – non è mai stata così interessante, mentre la politica – tra polarizzazione, tendenze autoritarie e fake news – non è mai stata peggiore. Mi sono chiesto: c’è una relazione tra le due cose? Nel 1984 il sociologo Neil Postman pubblicò un libro, intitolato Divertirsi da morire, in cui sosteneva che la migliore diagnosi della nostra società non è 1984 di George Orwell ma Brave New World di Aldous Huxley, in cui la popolazione viene controllata attraverso una droga che la distrae dai problemi reali.

    Robert Putnam, politologo di Harvard, ha sostenuto nel suo libro Bowling Alone che l’ascesa della televisione ha provocato una diminuzione dell’impegno civico. L’americano medio passa 24 ore alla settimana a guardare la tv e, di conseguenza, trascorre meno tempo con gli amici, in chiesa o facendo attività politica.

    Il filosofo francese Bernard Manin ha osservato che siamo passati dalla democrazia di partiti – in cui a contendersi il potere era- no gruppi di interesse rispondenti a blocchi ideologici – alla «democrazia dell’audience», in cui prevale il candidato con il pubblico più numeroso (Berlusconi, Trump…). I partiti diventano così marchi commerciali a cui noi rispondiamo come si fa su Facebook con i “like”.

    Negli Stati Uniti fino al 1987 la televisione era in mano a tre principali reti che, sebbene private, dovevano rispettare la “Fairness Doctrine”: quando davano notizie dovevano presentare diversi punti di vista e non sostenere un partito o una posizione in particolare. Successivamente, con la tv via cavo, le reti a disposizione sono diventate centinaia e l’amministrazione Reagan – che amava deregolamentare tutto – decise che la “Fairness Doctrine” era obsoleta: con centinaia di canali gli spettatori sarebbero stati inevitabilmente esposti a più punti di vista, si sosteneva.

    Nell’era dei tre canali le società di intrattenimento puntavano a raggiungere il più vasto pubblico possibile. Nell’era del cavo, invece, il pubblico è frammentato e riceve informazioni all’interno di compartimenti stagni. Con centinaia di canali – e senza obblighi di equilibrio o di accuratezza delle notizie – è diventato possibile credere che il Covid sia una bufala o che le mascherine e i vaccini siano stati inventati per privarci della libertà. Da una recente analisi è emerso che la popolazione degli Stati Uniti è la più polarizzata fra quelle dei principali Paesi industrializzati. In Giappone, Australia, Gran Bretagna, Norvegia, Svezia e Germania, invece, la polarizzazione è diminuita. Il loro segreto? Notizie televisive statali ben finanziate e affidabili.

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