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    Caro Gualtieri, non togliere le detrazioni Iva sulla casa: quello che si risparmia se lo mangia il nero

    Illustrazione di Manolo Fucecchi

    Davvero siamo convinti che possa funzionare l’Iva maggiorata sul costo del caffè, se poi si riconsegna all’orrido popolo del “facciamo senza fattura” un mercato che vale miliardi di euro? Il commento di Luca Telese

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 2 Ott. 2019 alle 14:28 Aggiornato il 2 Ott. 2019 alle 15:47

    Bisogna chiedere davvero al ministro Roberto Gualtieri di non fare questa mossa senza senso di cui si parla nelle ultime anticipazioni sulla manovra, ovvero di non tagliare le detrazioni per la ristrutturazione degli immobili. Se c’è un congegno che ha funzionato, infatti, in Italia, è proprio quello: spendo e detraggo, faccio Pil e ottengo un beneficio.

    La possibilità di poter sottrarre alla dichiarazione dei redditi gli investimenti è stata in questi anni un congegno perfetto: nulla come il mercato della casa, infatti, nel nostro paese muove gli altri settori. Tutto fa Pil in questo campo, dall’arredamento agli infissi, dal design ai materiali innovativi, ma – anche – al lavoro degli architetti, che quando si fa un progetto vengono sempre di più preferiti alla terribile abitudine del fai-da-te. Quando queste prestazioni diventano un costo detraibile, come è accaduto un questo anni, contribuiscono al bello.

    Poche cose in Italia, producono ricchezza anche negli altri settori come il mercato immobiliare. E nulla, per questo motivo, mi sembra meglio di favorire gli investimenti rispetto alla tutela della rendita passiva. Niente come le detrazioni nel mercato immobiliare contribuisce alla lotta contro il nero che questo governo dice – giustamente – di considerare come obiettivo primario.

    Ma davvero siamo convinti che possa funzionare l’Iva maggiorata sul costo del caffè, se poi si riconsegna all’orrido popolo del “facciamo senza fattura” un mercato che vale miliardi di euro? Chiunque conosca il meccanismo delle fatture legate alla Cila (l’autorizzazione a ristrutturare) sa che si è creato un meccanismo perfetto in cui nella corrispondenza tra bonifici e fatture nemmeno un euro sfugge al fisco. Si vuole davvero rinunciare a questo?

    In questi anni ho visto le persone chiedere fatture per i dettagli più disparati, proprio perché quando ristrutturi un immobile puoi portare in detrazione (giustamente) anche i mobili del bonus mobili, e il furgone che ti serve per portarli, i sanitari e i materiali di pregio, persino gli arredi di giardini e terrazze, con ricadute importanti sul mercato floro-vivaistico. D’altra parte dentro il progetto di una casa sono sintetizzate tutto il senso di una vita, il gusto, lo stile, l’identità di una persona.

    Ma davvero non ci si rende conto che questo enorme iceberg di Pil che oggi è emerso si sommergerebbe subito se le detrazioni venissero meno? Che il margine che si risparmia a prima vista verrebbe subito divorato dal crollo del fatturato complessivo?

    Fosse così, il gioco non varrebbe la candela. In un paese ideale, e civile, l’evasione dell’Iva dovrebbe essere zero, e il principio guida del sistema fiscale dovrebbe essere “detrarre tutto e tutti”, perché solo questo congegno fa circolare il denaro e scoraggia le rendite passive. Ma da questo obiettivo a spingersi fino a cancellare le cose che hanno funzionato, in Italia (per pochi o per molti), ce ne vuole: mi sembra un grande passo indietro.

    Soprattutto perché mosso nella direzione opposta a quella indicata dal governo. La parola d’ordine non deve essere meno detrazioni, dunque, ma più fatture, meno nero.

     

     

     

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