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    Il declino conservatore di Giorgio Gaber (di V. Magrelli)

    Di Valerio Magrelli
    Pubblicato il 7 Nov. 2021 alle 11:19 Aggiornato il 7 Nov. 2021 alle 12:32

    Quello che sto per compiere è un gesto di lesa maestà: ne sono cosciente. Pertanto inizierò con una dichiarazione di affetto e ammirazione. Già da bambino mi incantava ascoltare il “Barone rosso”. Ma la mia simpatia crebbe ancor più davanti a “La Torpedo blu”, “Barbera e champagne” o “Lo shampoo”. Ciò detto, vengo alla pietra dello scandalo. Fu infatti con stupore e indignazione che nel 1994 scoprii quel che chiamerei “l’inno dei reazionari italiani”, ossia la canzone “Destra e sinistra”. Tutti ne conosciamo le parole: con la caduta del Muro e la scomparsa del comunismo, le uniche discriminanti riguardano ormai la scelta tra bagno (di destra) e doccia (di sinistra), minestrina (di destra) e minestrone (di sinistra), eccetera eccetera. Le differenze fra le due parti sono minime, a riprova di una diversità che “al momento dove è andata non si sa”.

    Ebbene, a mio parere, questo discorso esprime una rozzezza senza precedenti nell’opera di Giorgio Gaber, parallela alla rivalutazione delle vittime di Salò e alla pretesa di equiparare i morti partigiani a quelli fascisti in una grande macedonia, in un’assoluzione sigillata – strano, per un milanese – da un ecumenico “volemose bene”. Più ancora di un green pass, per me una domanda simile (“Dov’è la destra, dov’è la sinistra?”) segnala la provenienza di chi la formula: un conservatore che vuole solo confondere le acque.

    Quanto alla vita privata dell’artista, non l’avrei mai sfiorata, se un anno fa sua moglie, Ombretta Colli, non avesse pubblicato il libro Chiedimi chi era Gaber. Ciò mi costringe ad affrontare la questione di come l’interprete abbia reagito all’idea che la coniuge fosse entrata in Forza Italia per essere eletta nel 1994 parlamentare europea tra le fila del partito di Berlusconi.

    Ma allora, chiedo, l’interrogativo della canzone non avrà riguardato, più che noi miserelli, il suo stesso autore? Chiudo con un recente libro di Carlo Greppi, “Si stava meglio quando si stava peggio” (Chiarelettere). Citando Norberto Bobbio, Greppi individua il tratto caratteristico della destra nel ritenere che le diseguaglianze siano non solo ineliminabili (o eliminabili a prezzo della libertà), ma anche utili al miglioramento della società. Mentre la destra considera le diseguaglianze sacre, inviolabili, naturali, la sinistra ritiene che possano e debbano essere ridotte o abolite. Se la sinistra lotta per l’uguaglianza e l’inclusione, la destra si batte per la disparità e l’esclusione.

    Contro il richiamo alla tradizione e al mantenimento dei privilegi quali ingredienti della destra, a guidare le persone di sinistra sarebbe invece la solidarietà verso gli “oppressi”, vale a dire coloro che sono esclusi da diritti fondamentali come il voto, l’istruzione, il lavoro, la salute. Certo, la spiegazione è meno spiritosa della canzone, ma a me pare comunque più convincente.
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