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    La crazy pizza di Briatore è inguardabile

    Di Piero Luigi Sevolta
    Pubblicato il 13 Ago. 2020 alle 13:08 Aggiornato il 13 Ago. 2020 alle 14:14

    Se la pizza di Briatore fosse un’influencer, sarebbe una di quelle che su Instagram, sopra la trasgressiva didascalia ‘Io? Pazza fuori controllo’, posterebbe un’immagine di sé in perizoma con i connotati totalmente distrutti da tonnellate di chirurgia plastica. Per chi non lo sapesse, Briatore si è lanciato nel business della pizza da ormai un anno con il suo nuovo marchio ‘Crazy Pizza’, e dopo Londra e Porto Cervo ha da pochi giorni inaugurato la sua terza pizzeria, stavolta a Montecarlo. Ed è questa di cui parleremo, perché è la più ‘crazy’ di tutte, ma sempre nel senso dell’influencer dell’incipit.

    La margherita costa 15 euro (23.50 col prosciutto crudo, 8.50 di prosciutto crudo nemmeno nella Boutique del Pata Negra) e, a giudicare dalle foto promozionali, sembra tale e quale la margherita della pizzeria La Sventola di Usmate con Velate, con la differenza che lì costa 5.000 lire perché la pizzeria La Sventola non esiste più dal 1997 ma la pizza è uguale ad allora: pallida, coi bordi farinosi e bruciacchiati, un blob di pomodoro mescolato con mozzarella secca senza che sia possibile distinguere l’uno dall’altra. Quelle pizze che prendiamo in giro quando le vediamo esposte nelle vetrine dei fast food americani. Poi magari è buonissima, ma intanto è bruttissima.

    L’aspetto anemico della crosta merita una considerazione a parte. Ora che la pizza napoletana si è finalmente affermata nel mondo, con il pubblico internazionale che comincia a discernere una pizza italiana da una newyorkese con conseguente riconoscibilità delle nostre eccellenze, Crazy Pizza fa inversione a U e propone una pizza non solo visivamente generica, ma pure senza lievito. In pratica, una non-pizza. Forse è per questo che per la promozione, più che sull’alveolatura o sull’utilizzo di farine pregiate, punta su altro.

    Una promozione crazy come la pizza. L’ultima foto caricata su Instagram rappresenta una orrenda (vi prego, guardate la mozzarella) fetta di pizza col vertice puntato sull’ombelico di una modella vestita di pelle nera. Per permettere a una fetta di pizza di mantenere quella posizione surreale servono almeno due vangate di calcestruzzo nell’impasto, ma in compenso il ventre della modella non mette in luce particolari difetti. E nemmeno gli interni fiammanti della Porche Carrera utilizzata nella fotografia successiva, guidata da una seconda modella che si vede porgere una pizza direttamente sul volante. La pizza è piccola, sfocata e periferica, mentre l’orologio e il logo della casa automobilistica sono decisamente in primo piano. La verità è che la pizza non copre nessun ruolo nella promozione di se stessa, e probabilmente nemmeno nella pizzeria. È un semplice pretesto per fare altro. Ma cosa?

    Oh, tantissime cose. Cose pazzissime, super crazy. Tipo far uscire il pizzaiolo a metà serata, sulle note di ‘O sarracino, o sarracino, bellu guaglioooone’, e fargli sventolare in aria un telo a forma di Pringles come se fosse una pizza, in una meravigliosa rappresentazione di italianità. A onore del vero, mancano il tizio col mandolino e lo scugnizzo che fa il gioco delle tre carte, ma diamogli tempo, ha aperto solo da pochi giorni. Perché è questa, no?, l’immagine dell’Italia da promuovere. È questo che scatenerà un micidiale volano turistico destinato a migliorare la riconoscibilità del nostro paese nel mondo. Eravamo noi che non capivamo le esortazioni di Briatore quando, sferzante, accusava l’Italia di non sapersi vendere. Che esportiamo a fare ingredienti pregiati, arte e storie contadine? Pizze di cartone e tarantella, Dio santo, pizze di cartone e tarantella.

    Nell’ultimo, emozionante video, vediamo Padre Jesus Lopez de Lacalle (non è un personaggio di Guzzanti, esiste davvero) intento a benedire la pizzeria, il personale, e Briatore stesso in una scena di rara intensità. L’impressione, però, è che sia lì per la pizza. Pallida, anemica, inturgidita da quella crosta di mozzarella in stato ormai terminale. È ovvio che sia lì per darle l’estrema unzione.

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