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    Smart working, lezioni ed esami da casa: come salvare l’economia italiana dal coronavirus

    Ora lavoro, lezioni e esami universitari da casa: lo smart working sarà l’unico modo per salvare l’economia

    Di Elisa Serafini
    Pubblicato il 23 Feb. 2020 alle 17:50 Aggiornato il 26 Feb. 2020 alle 14:53

    Coronavirus in Italia: come salvare l’economia

    I casi di contagio Coronavirus Covid-19 stanno aumentando in Lombardia e Veneto, la chiusura di università e il blocco alle iniziative pubbliche non è una buona notizia, ma si tratta evidentemente di una misura necessaria per contenere l’epidemia.

    Mentre il virus dilaga e impatta sulle economie di tutto il mondo, l’Italia può interrogarsi se questo non possa diventare un buon momento per sperimentare forme di lavoro, studio e attività da casa e da remoto.

    Al di là del dovuto adeguamento culturale e ambientale, questa può diventare una necessità per sostenere la nostra economia, che rischia già di venir messa in ginocchio per il probabile crollo dei consumi in alcune attività (ristoranti, negozi, cinema ecc..).

    Al di là della tematica del lavoro, va inoltre fatto notare che alcune tra le maggiori università italiane sono state chiuse in piena sessione d’esami, con l’esigenza di dover rimandare esami universitari e didattica a data da destinarsi.

     

    LE ULTIME NOTIZIE SUL CORONAVIRUS IN ITALIA

    In un Paese moderno le università si organizzerebbero per far sostenere gli esami da casa e produrre didattica online: quiz a tempo, videoconferenze, esattamente come avviene all’estero. Ad oggi gli esami standardizzati più famosi al mondo, come TOEFL, IELTS per l’inglese e USMLE, (test per diventare medico negli Stati Uniti), vengono svolti davanti a dei computer, anche se in location controllate.

    Senza andare troppo lontano, l’utilizzo delle videoconferenze è in sperimentazione anche a Sassello (SV) dove i ragazzi delle superiori seguono le lezioni da remoto un giorno a settimana, e dove è stata realizzata la prima scuola serale “virtuale” d’Italia, con professore a Brescia, e studenti nella piccola località ligure.

    All’Università di Torino un docente, il prof. Giuseppe Tipaldo, ha annunciato che terrà comunque i suoi corsi di Sociologia, Scienza e Tecnologia trasmettendo con Instagram e YouTube.

    Se in Italia possiamo raccontare casi isolati, all’estero lavoro e studio da remoto rappresentano pratiche consolidata da moltissimi anni. Nel nostro Paese evidentemente, a parte rari casi, lo studente è considerato un furbetto, e il lavoratore un lavativo, anche se a stabilire il pregiudizio sono persone che un tempo sono state studenti, e oggi sono lavoratori.

    Chi ha avuto l’opportunità di poter sostenere corsi o esami online, è consapevole che per molte materie, sostenere un esame dal vivo o al pc non dovrebbe fare differenza. Se il docente è all’altezza del suo ruolo, è in grado di organizzare una prova che dia evidenza della capacità dello studente.

    Lo stesso vale per il lavoro: oggi più che mai è necessario che dove possibile, sia agevolato e incentivato il lavoro agile, un approccio che migliora la performance professionale, riduce traffico e inquinamento, e potrebbe aiutarci a ridurre i contagi.

    Per questa rivoluzione serve la volontà di promuovere un cambiamento culturale: i professori devono fidarsi degli studenti, e i manager che ancora non lo fanno, dovranno valutare i lavoratori per quello che producono, e non per quanto tempo siedono alla scrivania.

    Si tratta di fare degli sforzi, ma ritardare studi, lavoro e attività di milioni di cittadini potrebbe produrre costi esponenziali che ricadrebbero inevitabilmente sull’intera società.

    La tecnologia oggi può darci una mano: non possiamo fermarci davanti all’unica opportunità che potrà offrire questa crisi.

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