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    Negli Usa un 17enne ha scoperto un pianeta. In Italia il sistema scuola è ancora fermo al fascismo

    Di Elisa Serafini
    Pubblicato il 14 Gen. 2020 alle 12:35 Aggiornato il 14 Gen. 2020 alle 12:35

    I giornali di tutto il mondo hanno riportato la notizia della scoperta di un nuovo pianeta compiuta da un 17enne in stage alla NASA, l’agenzia spaziale americana. Nessun commentatore italiano ha riportato, però, oltre la notizia, anche una legittima domanda: in Italia questa scoperta sarebbe mai stata possibile?

    La risposta è, purtroppo, no. In Italia, a parte qualche piccola integrazione, il sistema dell’istruzione è fermo alla riforma Gentile del 1923, “La più fascista delle riforme” come venne definita dallo stesso Benito Mussolini.

    Al contrario che negli Stati Uniti, in Italia non sono previsti né programmi per i bambini cosiddetti “plusdotati”, ovvero dotati di un’intelligenza straordinaria, né iniziative che permettano agli studenti di cimentarsi nella ricerca scientifica.

    Gli Stati Uniti investono tempo e risorse nello stimolare i più piccoli ad appassionarsi di “STEM”, ovvero le materie tecnico-scientifiche come la fisica, l’astronomia, le scienze in generale, e i risultati si vedono.

    Il giovane Wolf Cukier, al suo quarto anno di liceo (quindi ultimo) è stato solo uno dei tantissimi tirocinanti della NASA e di molti altri istituti di ricerca, a poter partecipare ad un programma di internship.

    Wolf è studente della Scarsdale High School, una scuola pubblica, situata nei dintorni di New York. L’opportunità è stata quindi garantita dal sistema pubblico ed è, per sua natura, accessibile a tutti, attraverso una selezione basata su una application e su un punteggio minimo di media, come riporta lo stesso sito della NASA.

    Non c’entrano quindi provenienza sociale, investimenti familiari, conoscenze, ma solo ed esclusivamente il merito. Un Wolf italiano non avrebbe mai potuto partecipare ad un programma simile, perché, semplicemente, non esiste.

    Indagando tra diverse realtà di ricerca italiana troviamo, al massimo, opportunità di lezioni frontali (capirai), e di invio di progetti di gruppo. Nessun tirocinio di ricerca previsto per chi frequenta le scuole secondarie.

    Io, però, un Wolf italiano l’ho conosciuto, si chiama Jurek Parodi, e faceva il mio stesso liceo. Al pomeriggio, mentre io scrivevo sul giornalino della scuola, lui costruiva modelli di razzi giocattolo, che faceva partire dal Monte Fasce, una piccola collina alle porte di Genova.

    Da molti anni Jurek ha lasciato l’Italia, e lavora nella stessa NASA che ha garantito al 17enne l’opportunità di tirocinio. “Qui studenti liceali con doti intellettive straordinarie hanno l’opportunità di fare una internship all’agenzia spaziale, mentre io al liceo ero costretto a subire le teorie complottiste di alcuni docenti sull’allunaggio” commenta, con un sorriso, Parodi, Ingegnere aerospaziale e ricercatore alla NASA Space Science and Astrobiology Division. “Purtroppo, non essendo astronomo, pianeti non ne ho mai scoperti, però un paio di miei sistemi in orbita sulla Stazione Spaziale ce li ho”.

    I nostri giovani connazionali che frequentano gli istituti secondari italiani possono conservare il sogno di conoscere lo spazio e la scienza, la medicina, il giornalismo, la moda, senza mai sapere se realmente portati per il lavoro che sta dietro a queste discipline, fino alla scelta dell’università o del lavoro.

    Come Giovanni, centinaia di migliaia di studenti delle scuole secondarie superiori sono privati di attività alternative alle lezioni frontali. A parte rare eccezioni, promosse in alcuni istituti, mancano in moltissime scuole momenti di reale formazione professionale, mancano i “club” del pomeriggio, o i momenti di approfondimento e attività extra-scolastico che possano permettere ai giovani di conoscere e sviluppare le loro capacità ed attitudini.

    Anche da questo è importante partire, per ripensare la scuola: pensare a cos’altro può fare uno studente, grazie alla propria scuola.

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