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Vocazione per l’indipendenza

Un referendum online rivela che il Veneto vorrebbe l'indipendenza, e intanto i media russi parlano di analogia con la Crimea

Di Anna Ditta
Pubblicato il 23 Mar. 2014 alle 22:31

Non ha alcun valore giuridico il referendum online che un gruppo di attivisti ha organizzato la scorsa settimana per sondare l’opinione dei 3.7 milioni di abitanti della regione Veneto sull’ipotesi secessione. Secondo gli organizzatori, a pronunciarsi in favore dell’indipendenza e della costituzione delle “Repubblica Veneta” sarebbero stati 2.1 milioni di cittadini, contro soli 250 mila votanti contrari. L’iniziativa ha conquistato l’appoggio del governatore della regione Luca Zaia, della Lega nord, che si è detto pronto a considerare il voto un’espressione se non vincolante almeno “rappresentativa” del sentimento popolare.

La notizia, che ha trovato poco spazio nei media italiani, è stata riportata dalla stampa straniera inclusa la Bbc, che ha sottolineato che il voto riflette in realtà un sentimento separatista sempre più diffuso in alcune parti d’Europa, come la regione spagnola della Catalogna e la Scozia, che voterà per decidere se acquistare l’indipendenza nel mese di settembre. “Le spinte indipendentiste spesso attirano più simpatia nel ricco nord Italia, dove molti sono risentiti da ciò che vedono come gli sprechi e la corruzione del sud più povero”, ha scritto Alan Johnston per il network britannico Bbc.

Russia Today ha dedicato al referendum un intero servizio, intitolato: “Crimea? No, Venezia! Il referendum che passa inosservato nella Ue”. La rete russa ha riportato che “il governo italiano ha dichiarato che il plebiscito è illegale, ma secondo gli attivisti Roma non avrà altra possibilità se non accettarlo”.

Il giornale tedesco Der Spiegel, invece, ha spiegato che i fautori del referendum si sono ispirati al modello storico della Repubblica di Venezia, importante centro economico e culturale, esistita per oltre mille anni prima di essere conquistata da Napoleone nel 1797. Ma le ragioni dei separatisti, oltre che storiche, sono economiche. Secondo l’organizzazione che ha proposto il referendum, infatti, la regione paga ogni anno allo stato circa 71 miliardi di tasse, per poi ricevere 21 miliardi in meno in investimenti e servizi.

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