Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » News

Cos’è il valore legale della laurea e perché Salvini vuole abolirlo

I rappresentanti dei docenti e i sindacati sono contrari all'abolizione

La Lega è sempre stata favorevole all'abolizione, "contro gli atenei meridionali" equiparati a quelli del nord. E anche il Movimento 5 stelle l'ha sempre sostenuta. Ecco le ragioni del "sì" e del "no"

Di Massimo Ferraro
Pubblicato il 16 Nov. 2018 alle 08:35 Aggiornato il 16 Nov. 2018 alle 08:36

L’abolizione del valore legale del titolo di studio è una battaglia storica della Lega. “Dobbiamo mettere mano alla riforma della scuola e dell’università, affrontando la questione del valore legale del titolo di studio” ha ribadito il ministro dell’Interno Matteo Salvini il 12 novembre 2018, alla scuola politica del suo partito.

Il valore legale del titolo di studio è la certificazione per legge che ogni laurea, conseguita in ciascuna delle università in tutta Italia, abbia lo stesso valore e lo stesso peso nei concorsi pubblici.

Secondo i suoi sostenitori, l’abolizione del valore legale servirebbe a favorire la concorrenza tra Università, incentivando il merito e contrastando sprechi e baronato, mentre chi si oppone teme che aumenterebbero le disparità tra atenei, sia qualitative sia economiche.

Cos’è il valore legale del titolo di studio

Il valore legale dei titoli universitari è stabilito dal Testo unico delle leggi sull’istruzione superiore (R.d. 1592/1933 art.167), e il principio viene ribadito nella riforma universitaria del 1999.

Il titolo di studio nel nostro ordinamento è il certificato rilasciato dall’autorità scolastica o accademica con cui si attesta il conseguimento del titolo, diploma  o laurea.

Con il “valore legale”, gli si riconosce la capacità di essere ufficialmente riconosciuto da tutte le amministrazioni pubbliche.

Questo vuol dire anche che il certificato che attesta le nostre competenze, apprese nel percorso di studi, è riconosciuto valido per legge a prescindere da dove sia stato conseguito. Una laurea presa a Torino ha lo stesso valore di una presa a Roma, e così per tutti gli atenei italiani.

Favorevoli all’abolizione

Chi è favorevole sostiene che l’abolizione avrebbe il vantaggio di promuovere la competizione virtuosa tra università.

Se il certificato di laurea non avesse più valore in sé, a dargli valore sarebbero altri fattori, ad esempio l’ateneo dove si è conseguito. L’ateneo sarebbe quindi incentivato ad assumere i docenti migliori, investire in ricerca per crescere nelle classifiche accademiche, offrire i corsi e i servizi migliori.

Allo stesso modo, anche nei concorsi pubblici la laurea perderebbe il suo valore “universale”, ma verrebbe in qualche modo ponderato sulla base della qualità dell’ateneo in cui si è conseguita.

Sarebbe poi compito dello Stato stilare una classifica degli atenei in base alla qualità dell’insegnamento, così che quando nei concorsi pubblici possa scegliere poi il personale in base alla graduatoria e all’università di provenienza, non al voto conseguito.

Contrari all’abolizione

Chi si oppone all’abolizione sostiene che la perdita del valore legale avrebbe l’effetto di far esplodere le differenze tra atenei, creando università di serie A e di serie B.

Secondo i sindacati e l’associazione nazionale docenti l’abolizione sarebbe contraria ai principi costituzionali perché favorirebbe le discriminazioni, non solo tra università ma anche tra studenti.

Solo gli atenei più ricchi potrebbero garantire i servizi migliori, offrendo stipendi più alti ai docenti migliori. I costi ricadrebbero, almeno in parte, sugli studenti, con l’aumento delle tasse universitarie: solo i ceti più abbienti potrebbero permettersi l’accesso agli atenei migliori.

Anche nei concorsi pubblici non verrebbe garantito il merito. Il rischio sarebbero che candidati meno preparati di altri siano avvantaggiati non perché hanno ricevuto la formazione migliore, ma per amicizie e relazioni che sono riusciti a intessere.

Le proposte

Secondo Salvini è il momento di abolire il valore legale dei titoli di studio. La proposta della Lega, ancora rintracciabile online sul sito della Lega Nord, risale al luglio 2013.

“La Lega Nord si batte da sempre per l’abolizione del valore legale del titolo di studio, che rappresenta uno degli ostacoli principali sulla strada della crescita di un apparato amministrativo nel Nord”, si legge nel documento.

“Oggi una laurea presa in una qualsiasi Università italiana ha lo stesso identico valore, ma sappiamo bene che diversi Atenei, soprattutto meridionali, offrono un servizio nettamente inferiore alla media”.

Era una Lega che aveva ancora “Nord” nel nome, e che ancora faceva della contrapposizione tra nord virtuoso e sud fannullone un punto programmatico.

Per sostenere le ragioni dell’abolizione, Salvini il 12 novembre 2018 indica altri motivi. L’abolizione “è una questione da affrontare perché la scuola e l’università negli ultimi anni sono stati serbatoi elettorali e sindacali”.

Favorevole all’abolizione anche il Movimento 5 stelle, che lo inseriva come punto del suo programma elettorale già nel 2009. Nella scorsa legislatura Carlo Sibilia, attuale sottosegretario al ministero dell’Interno, aveva presentato una proposta i questo senso, che prevedeva anche l’eliminazione del requisito del voto di laurea nei bandi dei concorsi pubblici.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version