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Un Paese in ostaggio

Berlusconi condannato ma ancora in politica: il New York Review of Books spiega le ragioni dell'anomalia italiana

Di Anna Ditta
Pubblicato il 26 Ago. 2013 alle 10:35

“Se Nixon avesse rifiutato di accettare l’impeachment e avesse cercato in qualche modo di aggrapparsi al potere, sarebbe stato sommariamente rimosso. Lo stesso vale per qualsiasi leader nelle principali democrazie europee.” Ma in Italia questo non accade.

Da qui parte la riflessione dello scrittore e traduttore inglese, Tim Parks, che si è interrogato sul “New York Review of Books” riguardo al caso Silvio Berlusconi.

Secondo Parks, l’Italia sarebbe attualmente un Paese sotto ricatto: “Votate a mio favore o porterò il Paese in basso con me”, questo è il messaggio che il leader del Pdl avrebbe lanciato al governo italiano.

L’autore sostiene che, in Italia, anche giornali seri e commentatori rispettabili sembrerebbero riluttanti ad insistere sul rispetto del diritto, dal momento che menzionano raramente i dettagli dei crimini di Berlusconi e danno così credito alla tesi secondo cui la sua rimozione di Berlusconi dalla scena politica equivarrebbe a deludere i milioni di elettori che lo hanno sostenuto alle elezioni precedenti.

“Come se non ci fosse nessun partito autonomo in parlamento per rappresentare le proprie opinioni, come se non fossero liberi di scegliere un altro leader prima delle prossime elezioni.” si stupisce Parks.

Le ragioni con cui lo scrittore si spiega il fenomeno sono diverse. Prima di tutto, c’è il carattere di Berlusconi, “affascinante, carismatico, suadente, e spietato”. Il suo impero mediatico gli permette di far risaltare queste qualità e di plasmare il dibattito nazionale. Questo enorme conflitto di interessi, come obiettato da Parks, è stato affrontato in modo troppo timido dalla società italiana e la prova che sia ancora presente è il fatto che si sia parlato così poco dei crimini di cui Berlusconi è stato accusato.

Ma secondo Parks, il successo di Berlusconi è legato soprattutto al cuore della cultura italiana e in particolare alla diffusa convinzione degli italiani che sia impossibile dare una ripulita alla politica. Ogni politico è presunto colpevole in un modo o in un altro e gli italiani sono convinti che nessuna azione, da qualsiasi schieramento provenga, possa essere intrapresa solo per motivi di interesse pubblico. La condanna di Berlusconi non è quindi vista dagli italiani come il trionfo del diritto, ma come un successo per i suoi oppositori. Ciò che veramente importa è chi sia il vincitore e chi lo sconfitto.

“È questo uno stato moderno, dove vige lo Stato di diritto oppure è il feudo istituzionalizzato di un fuorilegge?”, si domanda Parks. Al momento non vi è alcun modo di dire quale visione avrà la meglio ma, di certo, se Berlusconi non sconterà la condanna e proseguirà la carriera politica, “la percezione che un leader politico sia più un signore feudale che un comune cittadino verrà assolutamente confermata, e non ci sarà alcuna possibilità di cambiare gli atteggiamenti italiani per molti anni a venire.”

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