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Discariche, l’Unione europea fa causa all’Italia: “Sono un grave rischio per la salute e per l’ambiente”

Secondo la Corte di giustizia europea, sono 41 le discariche fuori norma e che non hanno recepito le direttive dell'Unione Europea

Di Redazione TPI
Pubblicato il 23 Nov. 2018 alle 14:03 Aggiornato il 15 Nov. 2019 alle 15:28

La Corte di giustizia europea bacchetta l’Italia sui rifiuti: è partita la causa d’infrazione per la mancata bonifica, o la chiusura, di 41 discariche.

A riferirlo è l’ufficio stampa della Corte che, in una nota, scrive: “si tratta delle discariche che hanno già ottenuto un’autorizzazione o che erano già in funzione prima del 16 luglio 2001, data entro la quale la direttiva stessa doveva essere trasposta nel diritto nazionale”.

Nei casi citati, l’Italia non è in regola con le normative europee: le 41 discariche, che erano in funzione dal 16 luglio 2001, avrebbero dovuto essere chiuse o messe in sicurezza, recependo quanto stabilito dall’Unione ma questo non si è verificato. Tra le motivazioni che definiscono fuorilegge una discarica, c’è la mancata separazione dei rifiuti pericolosi e dunque il loro scorretto smaltimento.

La direttiva europea – La direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, definisce il concetto di discariche “preesistenti”.

Secondo la direttiva, spiega la Corte di giustizia, “entro il 16 luglio 2009, le Autorità competenti di ciascuno Stato membro dovevano o completare i lavori per rendere le discariche preesistenti conformi ai requisiti stabiliti nella direttiva o chiuderle definitivamente”.

“Nel 2017 la Commissione ha promosso contro l’Italia la presente azione di inadempimento ritenendo che, dagli elementi forniti dall’Italia nel corso della fase pre-contenziosa della procedura, risultasse che nessuno dei suddetti adempimenti fosse stato completato in relazione a 44 discariche preesistenti, con la conseguenza che, per tali discariche, l’Italia sarebbe venuta meno agli obblighi di cui alla direttiva. Questo è quanto, secondo la Commissione, la Corte di giustizia dovrebbe accertare in questa sede”, prosegue la nota.

“Al momento nessuna sanzione contro l’Italia viene (o può essere) richiesta. Tuttavia, appare opportuno evidenziare che, quando la Corte riconosce che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del diritto dell’Unione, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta”.

La Commissione, nel caso in cui ritenga che uno Stato membro non abbia adottato tutte le misure necessarie ad eseguire una sentenza della Corte, può decidere di fissare un termine per l’esecuzione. Allo scadere di tale termine, la Commissione può adire nuovamente la Corte ove uno Stato si trovi in una situazione di ‘inadempimento nell’inadempimento’, ossia quando, dopo essere stato oggetto di una prima sentenza di inadempimento, persista nella violazione delle norme del diritto dell’Unione e si trovi ancora in una situazione di inadempimento.

Solo a questo punto, la Commissione può proporre alla Corte di condannare lo Stato ‘doppiamente’ inadempiente a sanzioni pecuniarie.

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