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Il guadagno dei macchinisti ritardatari

Tre macchinisti hanno ammesso che quando i treni viaggiano in ritardo, loro sono i primi a guadagnare sulla propria busta paga

Di TPI
Pubblicato il 26 Feb. 2015 alle 11:40

“Su questa linea, ogni volta che un treno accumula 20 minuti di ritardo ci fa guadagnare 13 euro. La puntualità non è redditizia per il nostro stipendio”.

Tre macchinisti della linea Milano-Cremona-Mantova hanno ammesso che – per via di un raggiro del contratto di lavoro aziendale stipulato con Trenord, la società che gestisce il trasporto ferroviario regionale in Lombardia – quando i treni viaggiano in ritardo, loro sono i primi a guadagnare sulla propria busta paga.

La denuncia dei tre macchinisti è rimasta anonima ed è stata riportata dal Corriere della Sera. L’amministratore delegato di Trenord, Cinzia Farisè, ha confermato l’accusa e ha aggiunto che presto intende modificare la clausola prevista dall’articolo 54 del contratto di lavoro per i macchinisti.

L’ad di Trenord Farisè ha anche detto che “le cause dei ritardi sono altrove”, ma che è necessario rimuovere ogni alibi, aggiungendo che “sulle 40 linee della Lombardia, le 2.300 corse quotidiane negli ultimi due mesi hanno fatto registrare un più 10 per cento nella puntualità”.

Trenord conta complessivamente 4.200 dipendenti e, riporta il Corriere della Sera, “la retribuzione è proporzionata alle ore di lavoro: la prima è pagata 6 euro, la terza 9, la quarta 12. In più c’è il cosiddetto ‘bonus di condotta’: 15 euro al raggiungimento della terza ora di guida, 25 alla quarta, 30 alla quinta e così fino ai 40 euro per la settima ora”.

“Ma questo è un sistema da ribaltare, perché da 31 mesi divide i ferrovieri di Trenord, provocando ritardi cronici e soppressioni dei convogli”, spiega Adriano Coscia, segretario regionale dell’Orsa, sigla sindacale che non solo non ha mai firmato il contratto aziendale, ma si è opposta con tredici scioperi dall’estate del 2012.

Venticinque, al massimo 30, sarebbero i ‘furbetti’ su 1.200 macchinisti di Trenord. “Non più del 2-3 per cento del totale. Si tratterebbe di casi isolati”, osserva Coscia. “Perché la stragrande maggioranza lavora con professionalità e onestà”.

Il Corriere della Sera riporta anche che i pendolari della regione Lombardia sarebbero circa 670mila.

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