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Terrorismo: arrestato a Napoli un immigrato del Gambia, progettava un attentato

In manette un 21enne richiedente asilo: giurò fedeltà ad Al-Baghadai, l'Isis lo aveva esortato a lanciarsi con un'auto sulla folla.

Di Enrico Mingori
Pubblicato il 26 Apr. 2018 alle 11:59 Aggiornato il 26 Apr. 2018 alle 12:56

Un immigrato del Gambia è stato arrestato in provincia di Napoli nell’ambito di un’indagine contro il terrorismo di matrice islamica condotta congiuntamente da polizia e carabinieri.

L’ordine di custodia cautelare è stato emesso dalla Procura partenopea. Secondo gli inquirenti, l’uomo stava progettando un attentato: l’Isis lo aveva esortato a lanciarsi con un’auto sulla folla.

A finire in manette Touray Algie, 21 anni. L’accusa nei suoi confronti è di partecipazione all’organizzazione terroristica denominata Isis.

L’immigrato aveva chiesto asilo politico in Italia, ma la pratica per la concessione era ancora in valutazione.

Era ospite di un centro di accoglienza per migranti di Pozzuoli da circa un anno, titolare di un foglio di soggiorno provvisorio.

Touray era entrato in Italia il 22 marzo 2017 sbarcando nel porto di Messina insieme ad altri 638 migranti, di cui 209 provenienti dal Gambia, tutti i partiti dalla Libia.

Interrogato dagli inquirenti, l’uomo ha ammesso di aver prestato giuramento di fedeltà al califfo Abu Bakr al-Baghdadi capo riconosciuto del sedicente Stato Islamico o Isis.

Il giuramento è avvenuto il 10 aprile 2018 nella sala mensa di un albergo adibito a centro di accoglienza n località Licola, vicino Napoli, ed è stato filmato dallo stesso Touray con un cellulare e poi diffuso a utenti non ancora identificati sull’app Telegram.

L’uomo ha detto di aver ricevuto istruzioni, tramite la stessa app di instant messaging, per lanciare un auto contro la folla, anche se ha detto in maniera contraddittoria di non aver mai avuto una reale intenzione di compiere l’attentato.

Le indagini sono partite dall’acquisizione del video del giuramento

 

In alcune chat di Telegram Touray ha chiesto a diversi interlocutori con messaggi vocali di “pregare per lui” perché era “in missione”.

Le indagini proseguono per ricostruire ogni aspetto della vicenda ma soprattutto le modalità e le circostanze del percorso di radicalizzazione di reclutamento del 21enne.

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