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Perché questo terremoto è stato così devastante

TPI ha contattato un sismologo dell'Istituto di vulcanologia che ha spiegato il motivo per cui un sisma ha generato molti danni

Di TPI
Pubblicato il 24 Ago. 2016 alle 14:52

Nella notte di mercoledì 24 agosto, un forte sisma di magnitudo 6.0 ha interessato le zone dell’Italia centrale colpendo alcuni comuni situati nella provincia di Rieti e l’area ricompresa tra il Lazio, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo.

Per capire dal punto di vista tecnico-scientifico il fenomeno sismico, TPI ha contattato Alessandro Amato, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma, dopo una riunione straordinaria dell’unità di crisi. L’esperto ha fornito una spiegazione più chiara sulla tipologia del terremoto di magnitudo 6.0 avvertito alle ore 3.36 del mattino. 

“L’epicentro è stato localizzato in provincia di Rieti, vicino al comune di Accumoli, e ha interessato anche le province di Perugia, Ascoli Piceno, l’Aquila e Teramo. Stiamo registrando altre repliche, anche di intensità significativa che si aggirano intorno ad una magnitudo di 5.3. Ancora è presto per fare delle valutazioni sull’andamento futuro, ma lo sciame sismico continua su un’area di 30 chilometri che si estende nella zona appenninica, dal sito di Norcia fino ad Amatrice, raggiungendo quasi l’Abruzzo”.

In sismologia si utilizza il meccanismo focale per individuare la tipologia della faglia che ha innescato il terremoto. Il meccanismo focale è una funzione che permette di indicare contemporaneamente tre parametri geometrici della faglia che ha generato il terremoto: l’orientazione (strike) e la pendenza (dip) del piano di faglia, e la direzione del movimento su di esso (slip), cioè come si è mossa la faglia.

“Il terremoto di questa notte ha una faglia di tipo estensionale, in coerenza con la distribuzione delle scosse di assestamento e con il regime tettonico dell’Appennino”, ha precisato Amato spiegando che cosa s’intende per faglia estensionale. 

“Tutta la catena dell’Appennino è sottoposta a una tensione con delle deformazioni che tendono ad allargare la nostra penisola: questo processo di stiramento è misurato tramite dei dati rilevati dal satellite che mostrano gli spostamenti delle varie parti d’Italia di circa 3-4 mm per anno. Sono quantità piccole che, però, in tempi geologici più ampi risultano rilevanti: nell’arco di cento anni, la variazione è pari a 50 centimetri di stiramento”. 

“L’Appennino normalmente resiste al processo di trazione, quando, però, si supera una certa resistenza, le faglie si muovono, ovvero un pezzo di questa catena si allontana dall’altra: in questo modo si verifica il terremoto, come quello avvertito questa notte”, ha sottolineato il sismologo.

Altri terremoti simili per faglia estensionale si sono verificati in Irpinia nel 1980, in Umbria nel 1997 e l’ultimo in ordine di tempo è il sisma dell’Aquila del 2009. “In questa tipologia di terremoto, si verificano delle sollecitazioni della crosta terrestre interessando la parte più superficiale, ossia lo strato sismogenetico, considerato anche come il più fragile. Meno profondo è il sisma, maggiori sono i danni in superficie”.

Per quanto riguarda ciò che è accaduto nelle città interessate, Amato ha spiegato che: “L’ipocentro è stato localizzato a 4-5 chilometri di profondità, il terremoto di magnitudo 6.0 si è irradiato in entrambe le direzioni, ovvero scaricando l’energia sprigionata verso l’alto e verso il basso con danni evidenti sulle zone superficiali della crosta. Diverso fu il terremoto dell’Aquila, ad esempio, con ipocentro a 9 chilometri di profondità, che si irradiò per la totalità verso l’alto, procurando un quantitativo di danni maggiore”.

L’allerta per nuove scosse rimane ancora elevata – l’ultima avvertita anche a Roma si è registrata intorno alle 13.52 – e su questo punto, il sismologo ha precisato che in un arco temporale piuttosto lungo ci sarà una diminuzione progressiva del numero di scosse. “Nelle ore e nei giorni immediatamente successivi non dovrebbero verificarsi altre variazioni forti o anomalie, anche se tale eventualità non è del tutto da escludersi: ricordiamo il terremoto di Colfiorito (Foligno, Perugia) del 1997 dove si verificò un secondo terremoto di magnitudo più potente del primo. Bisognerà attendere le prossime ore”. 

A cura di Lara Tomasetta 

(Qui sotto uno schema che riassume le diverse tipologie di faglia. Quella estensionale corrisponde alla seconda immagine. Credit INGV-Terremoti)

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