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Terremoto Catania: ecco cosa rimane di case e chiese, parzialmente distrutte

Credit: Carmelo Sucameli

Dopo il sisma del 26 dicembre, nella notte tra il 3 e il 4 gennaio del nuovo anno si sono registrate nuove scosse, la più forte di magnitudo 3.5

Di Futura D'Aprile
Pubblicato il 4 Gen. 2019 alle 14:17 Aggiornato il 4 Gen. 2019 alle 15:17

La terra continua a tremare a Catania, mentre aumenta leggermente il numero degli sfollati nella provincia dopo il sisma che ha colpito la zona il 26 dicembre 2018: 1.115 persone hanno dovuto lasciare le loro case e 749 sono ospitati in alberghi convenzionati con la Regione Sicilia.

Credit: Carmelo Sucameli

Nella notte tra il 3 e il 4 gennaio del nuovo anno si sono registrate nuove scosse, la più forte di magnitudo 3.5 alle 5.10 della mattina.

Per far fronte all’emergenza sono stati stanziati 20 milioni di euro, ma ci vorranno anni prima che la situazione a Catania e nelle zone limitrofe torni la normalità, con numerosi disagi per la popolazione locale.

Intanto la polizia e i carabinieri si alternano giorno e notte per evitare che i non residenti entrino nell’area colpita del sisma, temendo che possano verificarsi episodi di sciacallaggio.

Credit: Carmelo Sucameli

Alcune abitazioni sono state dichiarate agibili, ma i cittadini di Catania sono dovuti tornare in strada dopo lo sciame sismico del 3-4 gennaio.

Credit: Carmelo Sucameli
Credit: Carmelo Sucameli

La scossa più forte si è avuta il 26 dicembre in provincia di Catania, con epicentro tra Viagrande e Trecastagni: con una magnitudo di 4.8 è stata la scossa violenta da quando è iniziato lo sciame sismico a causa dell’eruzione dell’Etna.

I centri nei quali si sono registrati maggiori danni sono stati Fleri e Santa Venerina: 28 persone sono rimaste ferite, in maniera non grave. Nei comuni interessanti dal sisma la gente è scesa in strada impaurita durante la notte.

Credit: Carmelo Sucameli
Credit: Carmelo Sucameli

Il terremoto ha seguito l’eruzione dell’Etna, iniziata il 24 dicembre e nei giorni scorsi gli esperti dell’Ingv hanno spiegato che non è possibile prevedere se l’attività eruttiva del vulcano causerà o meno altre scosse.

Il rischio che una simile situazione possa effettivamente verificarsi non è da escludersi e dipende dal movimento del flusso magmatico del vulcano siciliano: se la lava non arriva a sfociare dai crateri principali, cerca una via secondaria causando in questo modo movimenti tellurici.

TPI ha chiesto a Mario Mattia, primo tecnologo dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) di Catania, qual è il legame tra tra l’eruzione e le scosse che hanno colpito Catania.

Credit: Carmelo Sucameli
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