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Ricordando la strage di Portella della Ginestra

Il primo maggio 1947 un commando guidato dal bandito Salvatore Giuliano uccideva 11 persone che celebravano la festa dei lavoratori in provincia di Palermo

Di TPI
Pubblicato il 1 Mag. 2018 alle 12:15 Aggiornato il 1 Mag. 2018 alle 15:30

Il primo maggio 1947 un commando guidato dal bandito Salvatore Giuliano sparò contro un corteo di duemila persone che stava celebrando la festa dei lavoratori presso Portella della Ginestra, in provincia di Palermo.

Si trattava di una delle prime feste dei lavoratori successive alla caduta del fascismo, e i cittadini avevano colto l’occasione anche per manifestare contro i proprietari terrieri della zona e per festeggiare la vittoria elettorale di socialisti e comunisti nelle elezioni regionali di quell’anno.

Nella strage morirono 11 e persone, e altre 27 rimasero ferite.

La strage inizialmente fu considerata dal ministro dell’Interno Mario Scelba un episodio circoscritto. Nei mesi successivi, però, emerse che a sparare furono “elementi reazionari in combutta con la mafia” guidati, appunto, dal bandito Salvatore Giuliano, già colonnello della struttura clandestina paramilitare dell’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia (Evis).

Poco dopo la strage di Portella, ebbero luogo numerosi attentati contro le sedi del Partito Comunista Italiano (Pci) di diversi comuni della Sicilia, in occasione dei quali furono lasciati volantini a firma di Salvatore Giuliano in cui si invitava a ribellarsi al comunismo.

A detta degli inquirenti, a compiere questi attentati fu la stessa mano a colpire a Portella della Ginestra.

Con il passare degli anni, secondo le ricostruzioni di numerosi saggisti e storici (tra cui Sandro Provisionato e Carlo Ruta), ha preso sempre più piede l’ipotesi che quella di Portella fu la prima strage di Stato della storia dell’Italia repubblicana: un attacco compiuto quindi con la complicità di membri delle istituzioni.

L’obbiettivo della strage – e dei successivi attentati contro le sedi del Pci – fu probabilmente quello di intimidire la sinistra siciliana e scoraggiare gli elettori dal sostenerla.

Nelle elezioni regionali dell’aprile del 1947 in Sicilia, infatti, l’alleanza di sinistra tra comunisti e socialisti superò la Democrazia Cristiana e vinse le elezioni, fatto che preoccupava per la possibilità che un partito comunista andasse al governo in un Paese nell’orbita occidentale.

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