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Storia del primo matrimonio lesbo riconosciuto in Italia

La trascrizione dell'unione tra Giuseppina e Raffaella è stata confermata nel 2013. Oggi vivono a Napoli con i loro due figli

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 2 Dic. 2016 alle 12:35

Giuseppina La Delfa, nata in Francia da genitori siciliani, ha deciso di trasferirsi in Campania all’inizio degli anni Novanta. Oggi vive insieme alla moglie Raffaella, e a Lisa e Andrea, i due loro figli avuti grazie alla fecondazione assistita in Belgio e Spagna.

La famiglia arcobaleno di Giuseppina è la storia di una rivoluzione compiuta in pochi anni. 

“Gli anni Novanta erano un periodo di transizione in cui eravamo tutti nella stessa situazione: anche in Francia era impensabile sposarsi e avere una famiglia”, dice Giuseppina”. “Quando ci siamo fidanzate, nel 1982, mai avremmo immaginato che trent’anni dopo ci saremmo sposate e saremmo diventate mamme”.

Il 15 novembre del 1999 il parlamento francese approva le unioni civili, con la legge Du pacte civil de solidarité et du concubinage (n. 99-944). Nel marzo del 2000 Giuseppina e Raffaella si sposano presso il consolato francese a Napoli, registrando il primo Patto civile di solidarietà (Pacs) con matricola 00000001.

“Per noi è stato un momento simbolico: qualcuno ha riconosciuto il nostro reciproco impegno, il nostro diritto a dedicare all’altro attenzioni particolari”, continua Giuseppina.

Poco dopo per questa coppia inizia la ricerca di un figlio: “Per tanti anni abbiamo vissuto nella convinzione che sarebbe stato impossibile avere dei figli, ma più passava il tempo e più vedevamo i nostri coetanei mettere su famiglia e ci chiedevamo perché per noi non era possibile”.

Dopo le iniziali resistenze, per le paure del giudizio delle persone, Giuseppina e Raffaella si rivolgono a un’associazione francese di genitori omosessuali che le hanno aiutate a prendere la decisione: “Solo parlando con chiarezza e mostrando la verità a tutti avremmo potuto vivere la nostra vita serenamente”.

Nel 2003, la coppia mette al mondo Lisa, la loro prima bambina, grazie alla fecondazione assistita presso l’ospedale di Bruxelles, in Belgio. Questa scelta le spinge a fondare Famiglie Arcobaleno, un’organizzazione per supportare altre coppie. “All’inizio ci incontravamo con altre giovani mamme in abitazioni private. Quando nostra figlia ha cominciato la scuola abbiamo capito che dovevamo parlare a nome di un gruppo di persone per resistere anche pubblicamente”, racconta Giuseppina.

Nel 2013 Giuseppina e Raffaella si sposano in Francia, grazie alla legge per il matrimonio paritario. Tornano in Italia e dopo diverse vicende burocratiche la Corte D’Appello di Napoli legittima la trascrizione dell’unione. Nel frattempo nasce Andrea e le due donne riescono ad adottare l’una il figlio dell’altra, con un’adozione piena, che però resta francese.

“Oggi risultiamo essere l’unica coppia sposata e legittimata di due madri, che hanno diritti nei confronti di entrambi i loro figli”.

Ma la vicenda non è ancora chiusa. “Lo Stato si è appellato alla decisione della Corte d’Appello e dobbiamo attendere la sentenza della Corte di Cassazione”, spiega Giuseppina. “I nostri diritti derivano dal diritto francese, non da quello italiano: la possibilità di far riconoscere il matrimonio o la maternità verso il figlio della compagna non esiste per i cittadini italiani. Questo è il vero paradosso. Esistono situazioni di adozioni speciali che collegano il bimbo solo all’adulto che lo adotta e non al resto della parentela”. 

Il ddl Cirinnà, approvato l’11 maggio 2016, non prevede che una coppia omosessuale possa adottare un bambino terzo, che non ha alcun legame con uno dei due partner. Dal decreto è stata esclusa anche la possibilità della stepchild adoption, ossia l’adozione del bambino che è già riconosciuto come figlio di uno dei due coniugi. La proposta era presente nella prima versione del testo, per poi essere eliminata prima della votazione di febbraio 2016. 

“In Italia servirebbe una legge nazionale che limiti la discrezionalità dei singoli giudici chiamati a decidere caso per caso. Vogliamo solo assumerci le nostre responsabilità prendendoci cura di loro oggi e domani”.

“I bambini nascono, crescono e vanno a scuola: condividono le loro esperienze”, conclude Giuseppina. “Ci sono sempre più figli di coppie omosessuali che contaminano in senso positivo la società, perché non agevolare la loro vita?”.

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