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“Calci in faccia e nell’ano”: il racconto del carabiniere sul pestaggio a Cucchi

I particolari della testimonianza resa al pm dal carabiniere che ha accusato i colleghi per il pestaggio del geometra romano

Di Luca Serafini
Pubblicato il 12 Ott. 2018 alle 20:00 Aggiornato il 12 Ott. 2018 alle 20:45

“Fu un’azione combinata. Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fede perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore”. (Qui le ultime notizie sulla confessione)

È una parte dell’agghiacciante testimonianza resa dal carabiniere Francesco Tedesco al pm Francesco Musarò tra luglio e settembre, e che lo stesso pm ha riferito in aula giovedì 11 ottobre. (Chi è Francesco Tedesco)

Tedesco ha quindi ammesso il pestaggio ai danni di Cucchi accusando altri due carabinieri imputati, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro.

Stefano Cucchi è morto nel 2009 nel reparto penitenziario dell’ospedale Pertini di Roma dopo una settimana di detenzione. (Qui la ricostruzione dell’intera vicenda, qui le cause della morte)

“Cucchi e Di Bernardo ricominciarono a discutere e iniziarono a insultarsi, per cui Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con un schiaffo violento in pieno volto. Allora D’Alessandro diede un forte calcio a Cucchi con la punta del piede all’altezza dell’ano”, ha riferito Tedesco al pm.

“Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete’. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbatté anche la testa. Fu un’azione combinata”.

“Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro – prosegue Tedesco nella sua testimonianza – poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo, in senso contrario, che gli fece perdere l’equilibrio provocando una violenta caduta sul bacino”.

“Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di aver sentito il rumore. Nel frattempo mi alzai, spinsi Di Bernardo ma prima che potessi intervenire D’Alessandro colpì con un calcio in faccia (o in testa) Cucchi mentre era sdraiato in terra”.

Il motivo del pestaggio, secondo quanto dichiarato dal carabiniere, sarebbe stato il rifiuto di Cucchi di collaborare alle perquisizioni e di sottoporsi al fotosegnalamento.

Tedesco ha anche spiegato perché ha parlato di quanto accaduto solo a distanza di anni.

“Quando dovevo essere sentito dal pm, il maresciallo Mandolini non mi minacciò esplicitamente ma aveva un modo di fare che non mi faceva stare sereno. Mentre ci recavamo a piazzale Clodio, io avevo capito che non potevo dire la verità e gli chiesi cosa avrei dovuto dire al pm anche perché era la prima volta che venivo sentito personalmente da un pm e lui rispose: ‘Tu gli devi dire che stava bene, quello che è successo, che stava bene, che non è successo niente, capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare'”.

“All’inizio avevo molta paura per la mia carriera, temevo ritorsioni e sono rimasto zitto per anni, però successivamente sono stato sospeso e mi sono reso conto che il muro si sta sgretolando e diversi colleghi hanno iniziato a dire la verità”.

Il pm Francesco Musarò, nell’udienza di giovedì 11 ottobre, ha dichiarato: “Secondo quanto messo a verbale da Tedesco, il maresciallo Roberto Mandolini  sapeva fin dall’inizio quanto accaduto: Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro furono gli autori del pestaggio su Cucchi e Vincenzo Nicolardi, quando testimoniò nel primo processo, mentì perché sapeva tutto e ne aveva parlato in precedenza con lui”.

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano ha commentato la notizia su Facebook: “Il muro è stato abbattuto. Ora sappiamo e saranno in tanti a dover chiedere scusa a Stefano e alla famiglia Cucchi”, ha scritto.

Su Facebook Riccardo Casamassima, il carabiniere che con la sua testimonianza ha fatto riaprire l’inchiesta sul caso, ha scritto un post, poi cancellato: “Immensa soddisfazione, la famiglia Cucchi ne aveva diritto. Mi è venuta la pelle d’oca nell’apprendere la notizia. Tutti i dubbi sono stati tolti. Signora Ministro io sono un vero carabiniere. L’Italia intera ora aspetta i provvedimenti che prenderà sulla base di quello che è stato detto durante l’incontro. Sempre a testa alta. Bravo Francesco, da quest’oggi ti sei ripreso la tua dignità”.

Su Twitter è intervenuto anche Alessandro Borghi, l’attore che ha interpretato proprio Stefano Cucchi nel film ‘Sulla mia pelle’.”La giustizia è lenta ma ariva pe tutti”, ha scritto Borghi.

Stefano Cucchi: la storia

Il geometra romano Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di stupefacenti. (Qui le cause della morte)

La famiglia di Cucchi ha vissuto ben sette anni di processi, che hanno visto oltre 40 udienze, insieme a perizie, maxi perizie, centinaia di testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati.

Il 15 maggio 2018, il maresciallo dei carabinieri Riccardo Casamassima, principale testimone nel processo contro cinque carabinieri, tre dei quali accusati della morte del geometra romano, ha ribadito in aula le sue accuse ai colleghi.

TPI ha ricostruito la storia giudiziaria della morte di Stefano Cucchi, attraverso il commento di Fabio Anselmo, il legale che segue la vicenda da sempre

Sette anni di processi, 45 udienze, perizie, maxi perizie, 120 testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati. Sono i numeri di uno dei casi più seguiti dall’opinione pubblica italiana, che attende ancora verità. È il caso di Stefano Cucchi.

La storia del 31enne trovato morto nel 2009 per cause ancora da stabilire è a una svolta.

Si è chiusa l’inchiesta bis avviata a dicembre 2015 con la richiesta da parte della procura di Roma del rinvio a giudizio di cinque carabinieri coinvolti, tre dei quali devono rispondere di omicidio preterintenzionale pluriaggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima, abuso di autorità contro arrestati, falso ideologico in atto pubblico e calunnia.

“Questa richiesta rappresenta un vero e proprio riscatto dello Stato che finalmente sa inquisire e processare se stesso” spiega a TPI Fabio Anselmo, il legale che fin dal primo giorno ha seguito la famiglia Cucchi.

“Il caso Cucchi era diventato l’emblema della frustrazione di una famiglia di normali cittadini rispettosi della legge, rimasti stritolati in meccanismi giudiziari più grandi di loro. Dopo sette anni di vicende giudiziarie, di umiliazioni, dopo aver subito quello che hanno subito loro, con un ragazzo, Stefano, morto di giustizia, è chiaro che siamo di fronte a un momento di fondamentale importanza”.

Qui tutte le tappe del processo Cucchi.

 

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