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Spade e pistole: due storie del ’77

Le foto ritrovate di Daddo e Paolo. La vita spezzata di Carlo Rivolta

Di Carlos D'Ercole
Pubblicato il 18 Feb. 2013 alle 12:18 Aggiornato il 28 Nov. 2018 alle 13:46

Spade e pistole due storie del ’77

Roma, Piazza Indipendenza, 2 febbraio 1977.

Prima foto. Un giovane ai bordi del marciapiede sanguina vistosamente da una gamba. È Paolo Tomassini.

Seconda foto. Arriva da dietro un compagno che con la mano sinistra tenta di sollevarlo. Nella mano destra ha due pistole. È Leonardo Fontana detto Daddo.

Le due foto scattate da Tano D’Amico sono rimaste seppellite per venti anni e sono rispuntate fuori solo nel 1997, quando si era ormai chiusa la vicenda giudiziaria dei due.

In quei due attimi immortalati dal fotografo è racchiusa tutta l’esperienza del ’77: violenza e generosità.

Commentando quelle foto dirà Giampiero Mughini: “Che razza di eroi e santi sono quelli che vanno a un corteo con due pistole in mano ?”.

Sono passati oltre 35 anni dai fatti di Piazza Indipendenza, ma gli amici di Daddo hanno voluto dare una risposta a questo interrogativo, dedicandogli un libro che ne racconta l’infanzia borghese alla Balduina, la militanza precoce in Potere Operaio, i sette anni di carcere, il reinserimento nella quotidianità come amministratore del Manifesto, la fondazione della rivista Accattone e della casa editrice Derive Approdi.

“Per noi Daddo è il compagno che torna indietro a prendersi l’amico ferito, perché nessuno deve restare indietro. Non un santo, la sua è stata una vita dissipata. Ma il nostro eroe, sì”.

Non è un santo neppure Carlo Rivolta che nel ’77 di anni ne ha 28, sei in più di Daddo.

Anche lui viene dalla Balduina, ha fatto la gavetta da Paese Sera ed è appena approdato alla Repubblica.

È il cronista per eccellenza di quella stagione, racconta meglio di chiunque altro i movimenti di estrema sinistra, dagli autonomi agli indiani metropolitani.

Forse lo aiuta il look, forse il fatto che condivide in gran parte il contenuto di quelle battaglie.

Ma con l’omicidio di Moro tutto cambia. Gli estremisti lo considerano un infiltrato, i poliziotti un fiancheggiatore.

Perde sicurezza, incassa delusioni. Lentamente scivola nel tunnel dell’eroina: “Stretti fra uno Stato in cui per la gran parte non si riconoscono e un contro-Stato portatore di morte e di terrore (la lotta armata), moltissimi saranno quelli che apriranno la porta dell’uscita di sicurezza, precipitandosi via, lungo la strada della fuga. Anche a rischio della vita” (De Lorenzis/Favale, L’Aspra Stagione, Stile Libero Einaudi).

Daddo e Carlo: due idealisti travolti dal riflusso degli anni Ottanta. Che ci riportano a un’epoca in cui per cambiare il mondo ti giocavi la vita.

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