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Il declino di Jep Gambardella

Il commento del New York Times

Di Anna Ditta
Pubblicato il 3 Mar. 2014 alle 01:50

Sono passati molti anni e la Dolce vita ha un retrogusto amaro adesso.

La grande bellezza, il film diretto dal regista italiano Paolo Sorrentino, si è aggiudicato l’Oscar come miglior film straniero nel 2014.

Come ha fatto questo Paese – che possiede una bellezza naturale e una cultura che sono l’invidia del mondo, che ha prodotto Federico Fellini e Anna Magnani, che è passato nel dopoguerra dalla povertà alla prosperità del boom economico durato due decenni, che è stato l’avanguardia dell’arte dal neorealismo, se non da Dante – a raggiungere l’impasse languida in cui si trova adesso?, scrive la giornalista americana Rachel Donadio sul New York Times.

La grande bellezza non affronta direttamente la questione. Segue invece il protagonista, Jep Gambardella (Toni Servillo), in un viaggio al fianco di una spogliarellista invecchiata, aristocratici impoveriti, un cardinale vacuo e un aspirante santo.

Le feste sui tetti romani mostrano una cultura che è bloccata, rassegnata, imbalsamata in un elegante declino, in cui alcuni cercano la religione e altri la cocaina, e gli intellettuali parlano all’infinito di ciò che è sbagliato, e ancora l’inerzia travolge tutti gli slanci in avanti.

Alcuni hanno parlato del film di Sorrentino come della Dolce Vita in technicolor dell’era Berlusconi, ma La grande bellezza non è un film politico di per sé.

Piuttosto è un efficace simbolo della cultura dell’eccesso che ha finito per caratterizzare l’Italia di Berlusconi fino al 2011.

“Berlusconi ha dato un serio contributo a questo clima”, ha detto Sorrentino.

La sua insistenza nel “divertirsi come un imperativo categorico, sull’effimero, diventa a mio avviso una sorta di licenza per molte persone, se questo comportamento appartiene a qualcuno in una posizione di grande responsabilità”, ha aggiunto.

Il film di Sorrentino è stato anche al centro di diversi dibattiti perché ritrae la complicità dell’élite di sinistra nel declino del Paese.

Nei titoli finali, la telecamera scivola su una barca lungo il fiume Tevere. Non c’è musica, solo il gracchiare degli uccelli. Il tempo si ferma, e tutto ciò è bello, come solo l’Italia può essere.

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