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Corinaldo, una class action contro Sfera Ebbasta e gli organizzatori del suo concerto

Di TPI
Pubblicato il 12 Dic. 2018 alle 12:18 Aggiornato il 12 Dic. 2018 alle 12:19

Dopo la strage alla discoteca di Corinaldo, alcuni dei ragazzi che erano presenti nel locale hanno deciso di promuovere una class action contro i gestori del posto, contro gli organizzatori del concerto di Sfera Ebbasta e contro lo stesso trapper. I giovani chiedono di essere risarciti per il mancato rispetto delle misure di sicurezza.

L’azione sarà promossa da uno studio legale di Senigallia, in provincia di Ancona, a circa una ventina di chilometri dal luogo della strage. I ragazzi di costituiranno come parte civile nel processo penale che dovrà far luce sull’accaduto e individuarne i responsabili.

“Se fai un concerto forse devi accertarti del numero di posti disponibili, di quanta gente c’è e di alcuni aspetti della sicurezza. Chiederemo ai magistrati di accertarlo. Questi ragazzi sono vittime e le loro famiglie hanno il diritto di conoscere i nomi dei responsabili”, ha spiegato a Repubblica l’avvocato Corrado Canafoglia, che sta raccogliendo le denunce dei giovani.

I ragazzi che la sera del 7 dicembre erano presenti alla discoteca Lanterna Azzurra stanno fornendo al legale materiale fotografico e video che sarà allegato all’esposto che verrà presto depositato.

Su Facebook è stato creato il gruppo Giustizia per le vittime della Lanterna Azzura in cui si invita chiunque abbia materiale utile a consegnarlo in modo tale “da farlo pervenire alla magistratura”.

“Sappiamo che tra biglietti e inviti ne sono stati stampati almeno 6mila, non è chiaro quanti ne sono stati venduti, ma sembra che al momento della tragedia nel locale c’erano tra le 1.500 e le 2.000 persone”, afferma il legale. “I tanti ci hanno detto che in mille erano ai tavoli della zona soppalcata e che più o meno lo stesso numero di ragazzi si trovavano nella pista sotto, mentre continuava ad arrivare gente con le navette”.

L’avvocato avanza dubbi anche sulle uscite d’emergenza: “L’ingresso principale non è stato usato perché all’esterno c’era la fila di chi ancora doveva entrare”, dice. “Di una porta si è aperta solo un’anta, in funzione solo due uscite, e una è quella della rampa della tragedia”. Fuori dal locale “nessuna assistenza, i ragazzi hanno dovuto prendersi cura l’uno dell’altro senza aiuti, fino a quando sono arrivati i soccorsi”.

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