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Sì, partecipi allo sciopero femminista. Ma sai per cosa stai manifestando?

Al centro dello sciopero c'è il "Piano Femminista contro la violenza maschile e di genere" realizzato dal collettivo Non Una Di Meno. Ecco di che si tratta:

Di Anna Ditta
Pubblicato il 7 Mar. 2018 alle 18:21 Aggiornato il 8 Mar. 2018 alle 15:29

È uno sciopero globale delle donne quello che si terrà giovedì 8 marzo 2018, con manifestazioni ed eventi organizzati in moltissime città italiane. A rispondere alla chiamata internazionale, come lo scorso anno, è Non Una Di Meno, il movimento che negli ultimi due anni ha avviato un percorso di confronto e di mobilitazione collettiva tra diverse realtà femminili e femministe.

Già nel 2017 l’affluenza per lo sciopero generale dell’8 marzo era stata fortissima, e il percorso del movimento è proseguito fino a portare, a novembre 2017, alla presentazione del Piano Femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Proprio questo documento, realizzato dopo un anno di assemblee e tavoli di lavoro, sarà al centro dello sciopero e delle manifestazioni di piazza di giovedì.

“L’8 marzo è importante scendere in piazza perché è una chiamata internazionale”, ha spiegato a TPI Serena Fiorletta, che cura l’ufficio stampa di Non Una Di Meno. “Lo sciopero globale delle donne sta coinvolgendo infatti oltre 70 paesi. Il nostro movimento, che è transfemminista, intersezionale e internazionale risponde sicuramente a una chiamata del genere”.

“Lo scorso anno è andata molto bene, sia come sciopero sia come affluenza ai cortei che si sono svolti di pomeriggio nelle principali città italiane”, prosegue Fiorletta. “Quest’anno le iniziative sono aumentate, e si svolgeranno in tantissime città piccole e grandi”.

“Noi riteniamo che sia importante manifestare perché le condizioni lavorative delle donne sono una continua violazione di diritti che va dall’assenza di contratto al cattivo pagamento, al gap salariale tra uomini e donne”, sottolinea Fiorletta. “Ma scendiamo in piazza anche per dire che siamo veramente stanche delle molestie e delle violenze sul lavoro. Anche per questo ci siamo unite al movimento #MeToo, che aveva denunciato le molestie a partire dal mondo dello spettacolo, e lo stiamo rilanciando in Italia con il concetto del #WeToogether, ovvero la denuncia non solo come concetto personale ma tutte insieme”.

Il Piano Femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere è stato elaborato dal basso attraverso una serie di tavoli di lavoro, ciascuno dei quali ha analizzato la violenza da diversi punti di vista. Dal sessismo alla libertà di decidere sul proprio corpo, dalla violenza economica alla precarietà, dalla libertà di movimento a quella di educarsi, tutti gli aspetti affrontati fanno parte, in realtà, di un unico fenomeno.

“La violenza maschile sulle donne e la violenza di genere sono un fenomeno strutturale alla società e sistemico”, spiega Fiorletta, “perché la nostra è una società patriarcale. Il femminicidio non è una notizia improvvisa e casuale, non c’è il raptus di violenza, è qualcosa di ben radicato nella nostra società. Fin quando affronteremo questo problema come un’emergenza e non come un elemento radicato nella nostra società non riusciremo a risolverlo. È un fenomeno complesso che va affrontato in maniera complessa”.

Affianco alla violenza maschile contro le donne, il piano pone anche la violenza di genere, perché il movimento femminista Non Una Di Meno non comprende solo le donne, ma anche tutte le soggettività trans queer e lesbiche. “La violenza per noi non è solo quella maschile sulle donne, ma è quella che si allarga anche ad altre soggettività fluide che per semplicità puoi definire LGBTQ”, dice Fiorletta.

“Il piano è stato sviluppato attraverso una serie di tavoli tematici nel corso di tutto il 2017”, spiega Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista e attivista di Non Una Di Meno, che ha contribuito a elaborare la sezione del piano che riguarda i media e la narrazione. “Abbiamo indagato su come la violenza viene comunicata, affrontando da un parte il tema del linguaggio dei media nei casi di femminicidio, dall’altra il tema della narrazione dei tanti livelli di violenza diffusa”, sottolinea la giornalista.

Un elemento sottolineato nel piano, ad esempio, è la necessita di rompere la narrazione che vede la donna contro la quale viene esercitata violenza come “vittima”.

“L’utilizzo di questa parola favorisce l’idea che le donne non sappiano badare a sé stesse”, sostiene Bonomi Romagnoli, “mentre in realtà sono o vorrebbero essere perfettamente capaci di questo. Solo che non vengono messe in condizione di farlo, perché ad esempio se denunciano le violenze non vengono ascoltate, come il recente caso di Cisterna di Latina ha dimostrato”.

L’attuazione del piano da una parte è possibile in modo diffuso, da parte delle donne e degli operatori e operatrici che possono mettere in atto le raccomandazioni in esso contenute. Dall’altra il documento chiede alcuni interventi che solo le istituzioni possono attuare, come l’aumento dei fondi ai centri antiviolenza. Finora il movimento non ha avuto un’interlocuzione ufficiale con le istituzioni, ma questo, anche se sono passati oltre tre mesi dalla presentazione ufficiale del piano, rimane un tema aperto.

“In Spagna lo sciopero ha avuto più presa ad esempio nei media”, spiega Bonomi Romagnoli. “Molte giornaliste spagnole di testate importanti hanno sottoscritto una lettera in cui hanno aderito allo sciopero. In Italia c’è ancora molta resistenza”.

“L’8 marzo scenderemo in piazza anche perché è importante farsi vedere”, aggiunge, “ancora di più in una data retorica come questa. È importante per dire che noi ci siamo, e non potete far finta che non esistiamo”.

Qui è disponibile l’elenco di tutti gli eventi e le manifestazioni organizzati in Italia.

Qui sotto la presentazione del Piano Femminista contro la violenza maschile e di genere, in un video realizzato in occasione della manifestazione nazionale che si è tenuta a Roma il 25 novembre 2017:

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