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Roberto Saviano è indagato per diffamazione dopo la querela del ministro Salvini

Roberto Saviano

L'iscrizione dello scrittore nel registro degli indagati è un atto dovuto che fa seguito alla querela presentata il 19 luglio 2018

Di Futura D'Aprile
Pubblicato il 26 Lug. 2018 alle 15:42 Aggiornato il 26 Lug. 2018 alle 15:49

Lo scrittore Roberto Saviano è indagato dalla Procura di Roma per il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Secondo quanto chiariscono i giudici, l’iscrizione dello scrittore nel registro degli indagati è un atto dovuto che fa seguito alla querela presentata il 19 luglio 2018, davanti a un ufficiale della Digos, dal ministro dell’Interno.

Matteo Salvini infatti ha denunciato come offensivi della propria reputazione e di quella del ministero che lui stesso rappresenta il post e le dichiarazioni diffuse su Facebook dallo scrittore.

La vicenda ha avuto inizio il 19 luglio, quando il ministro dell’Interno ha fatto sapere di aver querelato Roberto Saviano.

La denuncia su carta intestata del Viminale, pubblicata integralmente dall’huffingtonpost.it, era stata depositata nella giornata del 19 luglio, anche se nel foglio di presentazione della Questura di Roma era datata 20 luglio. Ma si tratterebbe solo di un errore di battitura.

Il noto giornalista è stato querelato, si legge nei documenti, per diffamazione a mezzo stampa tramite una serie di post (allegati alla denuncia) e dichiarazioni che, secondo il ministro, vanno oltre il diritto di critica e la fisiologica polemica politica.

In primis quel “ministro della Malavita” che usa “parole da mafioso” con cui lo scrittore descrisse Salvini.

Nello stesso intervento Saviano criticò il ministro dell’Interno perché “da codardo non ha detto niente contro la ‘ndrangheta e non ricorda i legami tra Lega Nord e la ‘ndrangheta”.

Parole che, si legge nella denuncia, “generano così la convinzione che il ministro dell’Interno, anziché combattere la malavita organizzata, scenda a scellerati accordi con la criminalità organizzata stessa, calpestando così i propri compiti istituzionali”, il che va oltre il “diritto di critica”, “mancando qualsivoglia indice che denoti la sussistenza di patti tra il ministero dell’Interno e la ‘ndrangheta”.

Post che quindi recherebbero danno non a Salvini, in quanto leader della Lega, ma all’Istituzione stessa “che più di ogni altra ha il compito di combattere le organizzazioni criminali”.

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