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Decreto sicurezza: Toscana, Piemonte e Umbria ricorrono alla Corte costituzionale

Anche Emilia Romagna, Calabria e Lazio stanno valutando di seguire la stessa strada contro il decreto Sicurezza, facendo appello alla Corte costituzionale

Di Futura D'Aprile
Pubblicato il 7 Gen. 2019 alle 16:30 Aggiornato il 7 Gen. 2019 alle 16:32

Dopo i sindaci “dissidenti” (qui l’intervista di Orlando a TPI)è la volta dei governatori delle Regioni Umbria, Toscana e Piemonte di schierarsi contro il decreto Sicurezza del ministro dell’Interno Salvini, ricorrendo alla Corte costituzionale.

Anche Emilia Romagna, Calabria e Lazio stanno valutando di seguire la stessa strada contro il decreto.

Il primo annuncio è arrivato dal Piemonte: alcuni giorni fa il presidente Sergio Chiamparino aveva detto di star valutando l’esistenza delle condizioni giuridiche necessarie per un ricorso alla Consulta sul decreto sicurezza.

“Non possiamo stare a guardare come se non stesse accadendo nulla”, sono state le parole di Chiamparino. “Stiamo dunque valutando se esistono i fondamenti giuridici per un ricorso della Regione, direttamente o come tramite dei Comuni, alla Corte costituzionale. Se ci sono le condizioni giuridiche, non perderemo tempo”.

Toscana e Umbria – Sulla stessa linea anche il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che il 7 gennaio ha deciso di  depositare in Regione un ricorso contro il decreto Sicurezza che “ostacola il funzionamento dei servizi e della sanità di competenza regionale”.

“È ovvio che sul decreto Salvini ci sono visioni diverse”, ha affermato Rossi. “Quella nostra dice che questo decreto porterà più insicurezza. Lascerà persone senza diritti, accrescerà il numero di irregolari e ostacola anche funzioni di controllo”. Nonostante ciò, il governatore della Toscana precisa che il ricorso alla Consulta non vuol dire seguire la linea del sindaco di Palermo Orlando, affermando che non hanno intenzione “di compiere atti di disobbedienza civile”.

“Riteniamo che il decreto sicurezza tocca direttamente e indirettamente le materie concorrenti”, spiega ancora Rossi. “Quelle su cui, come prescrive l’art. 117 della Costituzione, abbiamo potestà legislativa come Regione. Vale a dire: l’assistenza sanitaria, il diritto alla casa e all’istruzione. Diritti essenziali che vanno garantiti senza distinzione di sesso, di razza e di religione”.

L’ultima regione (almeno per adesso) a schierarsi contro il decreto Sicurezza è l’Umbria. La governatrice Catiuscia Marini ha affermato che il suo gesto si inserisce nella “tradizione millenaria di civiltà del popolo umbro, improntata ai principi di convivenza pacifica e solidarietà, sempre vicina a chi ne ha bisogno”

L’obiettivo della Regione, spuega la governatrice, è “mantenere inalterati i livelli dei servizi e dei diritti riconosciuti agli stranieri entrati regolarmente nel nostro territorio ed oggi posti in uno strano limbo e penalizzati dal decreto Sicurezza, con grave lesione dei diritti umani e del rispetto della dignità di ciascuna persona, una situazione che genera peraltro problemi sociali nelle singole città della regione e rende complicato l’intervento sociale da parte delle istituzioni locali”.

La risposta di Di Maio – Interpellato a margine di un incontro con i lavoratori della Pernigotti sul caso delle Regioni che si sono schierate contro il decreto Sicurezza, il vicepremier Luigi Di Maio ha affermato:” Se ci saranno ricorsi alla corte costituzionale il governo non li può impedire. Io ho detto chiaramente che questa cosiddetta disobbedienza dei sindaci è soltanto un’ occasione di campagna elettorale che stanno facendo alcuni sindaci sedicenti di sinistra utilizzando il decreto sicurezza”.

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