Da oggi, mercoledì 6 marzo, è possibile fare domanda per richiedere il reddito di cittadinanza.
A Roma, come in altre città d’Italia, non ci sono state le lunghe file che ci si aspettava. Tutto si è svolto in modo regolare: poche persone agli sportelli e ancora qualche dubbio sul funzionamento.
All’ufficio postale di Roma Ostiense un signore sui 50 anni, giacca a vento e scarpe consunte, chiede dove poter consegnare il modulo.
L’aria è quella di chi vuole compiere una semplice operazione postale e sbrigarsi al più presto.
Non è il solo. Anche le altre poche persone che sono lì per il reddito sono silenziose, non vogliono perdere tempo e schivano gli sguardi altrui.
L’uomo viene avvicinato da una responsabile del servizio postale, insieme controllano che tutti i documenti necessari siano in regola.
Manca un documento di riconoscimento. L’uomo cerca la patente ma non la trova e quello che doveva essere un veloce passaggio in posta si trasforma in un lungo momento di imbarazzo.
La responsabile mantiene un sorriso confortante, la sua disponibilità è evidente.
L’uomo controlla ovunque: si mette in disparte e cerca nelle tasche della giacca, nello zaino; svuota il portafoglio e guarda ogni tessera, ogni pezzo di carta. Tocca spasmodicamente ogni cosa, batte le mani al petto e i suoi occhi si fanno lucidi e rossi.
Qualcosa nella sua espressione cambia, si percepisce distintamente il disagio di dover cercare, di dover dimostrare, di sentirsi in difetto rispetto alla società, lui che è lì per un sussidio, per qualcosa che fino a quel momento la vita non gli ha dato.
Sente che la vita si sta ancora prendendo gioco di lui, vorrebbe crollare ma sa che non può. Sente e vuole mantenere la propria dignità, non vuole darla vinta al destino beffardo che lo priva anche della cosa più importante in quel momento: un documento che dica chi è e perché ha diritto a presentare quella domanda.
In quell’istante si riconosce la dignità dell’essere umano. Non mendica e non pietisce nulla. Resta in silenzio mentre le lacrime sono pronte e scender giù dagli occhi ma quell’uomo le tiene ostinatamente a sé. C’è chi si avvicina per offrire aiuto, chi gli suggerisce dove cercare, ma lui sa di aver perso quel documento e sa che dovrà uscire per tornare chissà quando.
La ricerca va avanti per altri minuti, poi improvvisamente si ferma e guarda nel vuoto con lo sguardo perso.
Raccoglie le sue poche cose e le mette nello zaino. Va via a testa bassa. La responsabile prova a rincuorarlo, “c’è tempo, non si preoccupi”, ma lui sa che il tempo è finito da un pezzo, che dovrà subire altre umiliazioni, che non potrà concludere oggi questa piccola e dolorosa via crucis.
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