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Il reddito di cittadinanza potrebbe saltare: “Gravi rischi di incostituzionalità”

Di Daniele Nalbone
Pubblicato il 1 Feb. 2019 alle 09:45 Aggiornato il 1 Feb. 2019 alle 09:55

Il reddito di cittadinanza potrebbe saltare per gravi rischi di incostituzionalità. A suonare l’allarme, nelle ultime ore, sono i tecnici nel dossier sul decreto inviato a Camera e Senato.

Come riporta il Sole 24 Ore, nel mirino dei tecnici c’è la norma relativa ai “soggiornanti di lungo periodo”: gli stranieri. [Qui come funziona, i requisiti e tutti gli aggiornamenti sul RdC].

Il decreto prevede che il reddito possa essere assegnato agli immigrati che vivono in Italia da almeno 10 anni, di cui 2 consecutivi.

Il problema, però, è che la Corte Costituzionale ha già bocciato requisiti “di molto superiori” ai 5 anni di residenza per le prestazioni sociali in favore degli stranieri.

> Reddito di Cittadinanza, tutto quello che c’è da sapere

Da qui “l’alto rischio” che la Consulta fermi tutto per “limiti arbitrari e irragionevoli”.

La Corte Costituzionale ha infatti più volte affermato, come spiega l’Associazione studi giuridici per l’immigrazione, che le prestazioni “destinate a far fronte al sostentamento della persona” (sentenza 187/10) non possono subire limitazioni di alcun genere, “né in base alla nazionalità, né in base al titolo di soggiorno, né pretendendo requisiti di lungo-residenza nel territorio sproporzionati” (come ad esempio il requisito di cinque anni di residenza nella regione di cui alla sentenza 166/18).

La nostra Costituzione non consente, in estrema sintesi, che una prestazione sociale volta a contrastare la povertà assoluta preveda distinzioni di nazionalità.

Lo stesso ha affermato la Corte di Strasburgo (CEDU) condannando anche l’Italia quando riconosceva l’assegno famiglie numerose ai soli cittadini italiani.

Per come è stato scritto il decreto potrebbe poi entrare in gioco anche la Corte Europea per gli aspetti di violazione delle direttive. Qui il rischio sarebbe quello di dover risarcire tutti gli “stranieri originariamente esclusi”.

La Corte potrebbe rifarsi, sempre per quanto concerne i cittadini “extra Ue”:

– all’articolo 11 della direttiva 2003/109 che garantisce la “parità di trattamento nell’assistenza e protezione sociale a tutti gli stranieri titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo”;

– all’articolo 24 della direttiva 2011/95 che garantisce “la parità di trattamento ai titolari di protezione internazionale”;

– all’articolo 14 della direttiva 2009/50 che garantisce “la parità di trattamento ai titolari di carta blu (stranieri altamente qualificati)”.

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