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Razzismo contro la Kyenge

Secondo The Economist l'Italia non è un Paese libero dal razzismo, e la vicenda Kyenge ne è la prova

Di Anna Ditta
Pubblicato il 3 Set. 2013 alle 09:29

Poche persone hanno avuto una iniziazione alla politica travagliata come quella di Cécile Kyenge.

La ministra per l’Integrazione del governo Letta è stata negli ultimi mesi oggetto di insulti e polemiche, soprattutto da parte della Lega Nord, ex alleato del Pdl.

The Economist ha raccontato la sua storia, definendo il trattamento subito dalla ministra “vergognoso” e parlando di un’Italia ancora non libera dal razzismo.

Il settimanale, citando i dati forniti dal “World Values Survey” e relativi agli anni 2005-2007, rileva che l’11,1% degli italiani dice di non volere vicini di casa di una razza diversa, contro il 4,9% dei cittadini britannici.

Anche tra gli spagnoli, che hanno avuto una esperienza simile all’Italia per quanto riguarda la recente e rapida crescita del flusso migratorio – per la maggior parte illegale – la percentuale è più bassa, e precisamente pari al 6,9%.

“Il trattamento vergognoso del primo ministro nero del Paese, e la limitata condanna di esso, fa male non solo all’immagine d’Italia”, si legge nell’articolo pubblicato sul sito di The Economist, “Scuote anche la convinzione ampiamente diffusa che l’Italia sia uno Stato libero dal razzismo.”

L’ultimo attacco alla ministra proviene dalla pagina Facebook di Cristiano Za Garibaldi, membro del Pdl e vicesindaco di Diano Marina, una piccola cittadina ligure. Il vicesindaco ha scritto che Cécile Kyenge avrebbe frequentato una zona utilizzata di solito dalle prostitute. Il giorno seguente si è scusato, incolpando lo stress.

Nel mese di luglio Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, ha detto che la ministra gli ricorda un orangotango, e pochi giorni dopo qualcuno tra la folla ha lanciato contro di lei delle banane al termine di un comizio a Cervia.

La Lega è determinata a bloccare la priorità della Kyenge: trasformare lo ius soli in realtà, rendendo la cittadinanza italiana dipendente dal luogo della nascita, e non dai legami di sangue. Ciò consentirebbe una più facile acquisizione dello status di cittadini italiani per i figli degli immigrati.

“Sarebbe difficile trovare una storia di successo brillante come quella della Kyenge”, si legge su The Economist. La ministra è entrata legalmente in Italia nel 1983 per studiare medicina e, anche se ha vissuto illegalmente nel Paese per circa un anno dopo che una borsa di studio da lei attesa non è arrivata, è riuscita a diventare medico oculista e attualmente vive e lavora in provincia di Modena. Nel 1994 ha sposato un ingegnere italiano ed ha acquistato la cittadinanza italiana.

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