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Prove di cinema liquido

Debutta a Roma il primo Festival del Cinema Veramente Indipendente, un’alternativa ai circuiti chiusi delle logiche commerciali

Di Ludovica Sanfelice
Pubblicato il 21 Mar. 2013 alle 05:43

Nessuno sponsor ha finanziato l’evento. Nessuno ha pagato per partecipare. Nessuna giuria decreterà un vincitore. Nessun premio sarà corrisposto. Nessun biglietto acquistato.

Con questo insolito manifesto a Roma parte il primo Festival del Cinema Veramente Indipendente, in cartellone alla sala Trevi (Vicolo del Puttarello) dal 21 al 24 marzo con proiezioni divise in tre blocchi: dalle 17:30 alle 19:30, dalle 19:30 alle 21:30 e dalle 21:30 alle 23:30.

L’iniziativa, pensata da Stefano Carderi ed Emanuele Venturi, ha un obiettivo preciso: scrollarsi di dosso ogni logica di mercato per lasciar pascolare libera la creatività (in forma di cortometraggio) e migliorare la viabilità del talento.

Ottantadue opere sfileranno perciò sullo schermo senza obbedire a limiti tematici e stilistici, con l’unica regola di essere interamente autoprodotte. A garanzia delle premesse si è addirittura stabilito che l’ordine di proiezione rispetti quello di consegna dei corti. Ovviamente sono esclusi a priori film che incitano alla violenza e alla discriminazione o contenuti esplicitamente pornografici o pedopornografici.

Coloro che già si interrogano sulla qualità di un’esposizione che non prevede filtri, sicuramente troveranno modo di avere ragione. Non è infatti credibile che tutti i corti in programma siano dei capolavori. In questo senso però il Festival darà anche modo di riflettere sull’eccessiva e forse impropria fiducia nelle proprie capacità.

L’idea di aprire i cancelli e minare i criteri selettivi è infatti tesa ad agevolare uno sviluppo dell’arte cinematografica dinamico e non condizionato da interessi commerciali, ma non prevede, naturaliter, un atteggiamento acritico. Il pubblico, i cineasti e gli addetti ai lavori molto semplicemente assisteranno ad un esperimento che alla lunga, chissà, potrebbe trasformarsi in un investimento culturale.

Di certo colpisce il tempismo di un anti-Festival che si presenta all’appello nei giorni in cui si discute con passione di democrazia liquida. Quando nulla sembra più attuale che aprire le sale alla circolazione delle idee perchè si dispongano al confronto diretto, e si spera il più possibile virtuoso, con un pubblico partecipe oltre che partecipante.

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